Nasce alle fine degli anni 800, muore negli anni 70. Nasco nel 1958 e muoio quando Dio vorrà.
Ecclettico, stravagante, artista, il padre è pittore, ma mediocre, ha nove figli tra maschi e femmine, quasi tutti vengono invogliati o affascinati dal padre e si cimentano in rudimentali imbrattatele, che solo lui Pablo emerge, solo Lui, l’allievo, supera il maestro, e a otto anni circa viene portato al Prada di Madrid. Li, vede gli altri che per poco lo precedono, prende spunto e inizia a dipingere sulla loro falsa riga. Dipinge bene, un po’ li imita, e fors’anche li supera, ma non gli basta, vuole andare oltre, che oltre si deve andare quando il talento chiama. Non so fare nulla, ho tredici anni, e già penso che la vita mi appartenga, la mia educazione borghese, mi devia da un normale comportamento. Stupisco gli interlocutori con frasi alti sonanti, sentenzio frasi consone ad un adulto, senza per questo avere esperienze specifiche, mi atteggio a grandicello che grande non sono. Pablo, scarabocchia, pennella, crea e come tutti i veri artisti, vive di stenti, alloggia in catapecchie, non è compreso, non è capito, o semplicemente nessuno lo conosce, e se nessuno inizia a volerlo fare, la, resta. Mille cose voglio fare, mille idee passano dalla mia mente, e lavoro in proprio con il babbo, che di figli ne ha avuti cinque, in seguito arriverà anche l’ultimo maschio, poche ore al giorno, abbastanza soldi per non lamentarmi, che a diciotto anni, non perdo tempo, e inizio la mia prima attività privata. Una fidanzata che già penso di sposare, perché a quella età è tutto un gioco, dove l’umile prende la mira, e si sposa per davvero, lo spavaldo sta solo iniziando a giocare con i suoi sogni e le mie velleità. Pablo si sposa una prima volta innamorandosi perdutamente, come sempre farà, ma non è la sua musa ispiratrice la prima moglie, i fasti della guerra, gli portano via alcuni inseparabili amici, quell’inutile 15 18 gli fa dipingere scuro, che Lui la morte la vede blu, come vedrà blu il suoi prossimi quindici anni, perché se la guerra gli restituisce qualche amico, ci pensano i dittatori del momento, e in Italia e in Germania a tener fede al suo grigiore bluastro. Per me le cose vanno diversamente, non c’è guerra, ma pieno sviluppo, grande rinascita, sono gli anni del dopo sessanta, e i furbi la fanno ancora da padrone, che di furbizia e malizia siam vissuti, sino al duemila, rovinandoci il futuro. E anche io mi sposo, perdutamente illuso da una falsa chimera, ma la colpa e solo mia, di sorelle ne avevo tre, la quarta me la potevo risparmiare, è la prima fase del mio stupido gioco con la vita, e sulla sabbia nessuna casa regge a lungo, pochi anni e il castello crolla. Me ne vado pieno di tormenti, angosce e rimorsi, che non è bello far soffrire, lo imparerò a mie spese, che quel che è fatto è reso… inesorabilmente. Pablo dietro il vetro di un grande magazzino, scorge una figura di donna, e se ne innamora come sempre, senza misura, senza mezzi termini, solo con il terzo grande amore della sua vita ha dei dubbi, dei ripensamenti, e tenta disperatamente di tenere unito quel legame, ma l’avvenenza dei diciassette anni della nuova fiamma, vincono ogni contrasto con il cuore, e smette di dipingere con il blu, e tinteggia di rosa gli sfondi della nuova musa, staccando definitivamente con il passato che gli stava stretto, troppo stretto. Di par mio, conosco una giovane donna bionda bella come i raggi del sole, e ancora mi inganno e mi illudo sia il vero amore, ma risultò un altra tacca sul calcio della mia pistola, e subito dopo, dietro l’angolo il grande amore con la A maiuscola, troppo amore, mio per Lei, non suo per me, e dura ciò che di grazia doveva durare, e con il senno di poi dico, per mia fortuna, o per grazia ricevuta, un amore non è mai bilanciato alla sua metà, ma quando pende tutto da una parte è insostenibile. E passa altro tempo in cui cresco finalmente, non trovo il grande, vero amore in altri capelli biondi, ma consapevolezza e giudizio, cosi che l’ultimo amore bruno, ha la A maiuscola come avevo per tutta la vita desiderato, e anche io dipingo senza dipingere di rosa, non nel lavoro forse, ma nella vita intono colori roseanti. La caratteristica peculiare di Pablo, era di staccare con il passato completamente, lasciandosi alle spalle ogni cosa rappresentasse vita vissuta con l’amante di turno, e questo lo faceva a partire dalle sue case, poi divenute dimore, curioso è il fatto analogo accadutogli con il passaggio da donna Sofia alla biondina diciassettenne, abbandonò da un giorno all’altro villa Florida, senza nemmeno toccare un indumento appoggiato sul divano, senza togliere la caffettiera dal fornello della cucina, non portandosi via nemmeno una tela dipinta, non riponendo i colori e i pennelli nei consoni spazi. Al mio primo abbandono coniugale, ricordo di aver portato con me, una lanterna antica, e un modellino di nave costruita artigianalmente, oltre ciò, le mutande che indossavo. Poi fu la volta di un graziosissimo bilocale ben arredato, in cui mi portai con me numerose fotografie, e un mare di ricordi che era meglio non fossero. In un altro posto, dopo averlo arredato con cura e amore, me ne andai cosi come vi ero entrato, forse con vestigia differenti e un orologio diverso al polso, e la lista potrebbe continuare, ma finirebbe con bracciale, o con un anello invece che con un orologio. Pablo finisce la sua carriera di pittore e scultore con all’attivo migliaia di capolavori di valore inestimabile, come inestimabili erano le sue accese fiamme d’amore e passò in vecchiaia, dal dipingere non più ciò che vedeva, ma ciò che SENTIVA dentro. Non scriverò mai il capitolo della fine della mia vita, come Lui non ha mai dipinto il suo ultimo quadro, no avrò mai nemmeno un briciolo della sua arte, ma spero solo di imitarlo, e non scrivere ciò che vedo, ben si, ciò che penso.