Dopo che un Don durante una Santa messa, verso la metà circa, finisce di leggere il Vangelo della settimana, parla ai suoi parrocchiani in forma omelica, ossia altrimenti detta “predica”. In pratica, fa delle riflessioni sulla Parabola appena trattata, cioè la Parola di Nostro Signore, cui più di duemila anni or sono gli fu dato per nome GESÙ subito seguito da CRISTO che letteralmente significa il predicatore, un modo di proferire il Verbo che doveva essere recepito nella totalità e pienezza dei Suoi intendimenti che erano molteplici, ma con un solo ultimo fine che è l’amore. Se GESÙ non entrava di proposito nello specifico, era perché si sarebbe limitato ad un singolo caso, un solo esempio, quando inverso Egli predicava per tutti gli uomini sulla terra, ed è per questo che la Sua Parola e’ tutt’ora attualissima, applicabile e infallibile duemila anni dopo. Così che anche ogni emissario consacrato di Dio, si rivolge ai fedeli per spiegare con parole proprie, cose intendesse dire GESÙ con le Sue metafore, allusioni, Verbo Incarnato, ergo Parabole. Ogni prete o altro prelato, ha il suo modo di porsi nel predicare, il suo “stile”magari si affina negli anni, migliora o peggiora, ma su per giù e consono a ciò che rappresenta il suo personalissimo modo in cui ha recepito il messaggio Divino, all’epoca dei suoi studi teologici, del suo apprendimento ecclesiale. Quindi per quanto possa o meno piacere ascoltare l’omelia di questo o di quel prete, dopo mesi, addirittura dopo anni, diventa irrimediabilmente pedante, noiosamente ripetitiva, che ci viene propinata allo spasimo in un immutabile litania che con il tempo diventa insopportabile, anche alle orecchie più pazienti, facendoci scivolare inesorabilmente in altri pensieri, e senza rendercene conto, con il tempo perdere di vista il vero obiettivo, l’ascolto della Parola stessa di Nostro GESÙ CRISTO. Curioso un fatto anomalo che mi capito’ di vivere insieme ad un centinaio di persone, una domenica estiva di mattina in una chiesetta di montagna. Il parroco di questa chiesetta, che chiamerò Don Pasquale, quella domenica era assente perché in pellegrinaggio a Gerusalemme, allora chiese a un altro prete che chiamerò Don Saverio, di officiare al posto suo. Don Saverio e’ una vecchia conoscenza di Don Pasquale, e il “vecchia” sta proprio letteralmente per il fatto che addirittura deve essere stato messo in pensione, e per raggiunti limiti d’età, e perché forse il buon Don Saverio causa molti anni trascorsi intensamente al Servizio di Dio, mostra qualche segno di squilibro, o di grande equilibrio al mio modo di vedere. Fatto sta, che quel mattino Don Saverio arrivato all’omelia, si rivolse a noi parrocchiani e tra lo stupore generale disse, ora cari fratelli la predica la fate voi, tolse il microfono dalla sua sede sul pulpito, scese i gradini sino alle prime panche e chiese: chi di voi se la sente di dire chi e’ Dio per lui! A tutti noi colse imbarazzo e incredulità, ma dopo qualche secondo, un villeggiante prese coraggio e si espresse e diede la sua versione sulla domanda che il Don ci fece, rispondendo in modo pulito e semplice. Poi fu il turno di un’altra villeggiante, che anch’essa un po’ più raffinatamente espresse il suo parere su GESÙ Trino commuovendo i convenuti alla Messa. Ovviamente non potevo certo esimermi dal dire la mia al riguardo,… E quando mai mi sarebbe recapitata una simile opportunità. Sarà perché stava scadendo il tempo a disposizione per la predica, sarà perché volevo tenere alto l’onore di noi del posto che con un po’ di nodo alla gola per l’emozione iniziai a parlare rivolgendomi con lo sguardo ai fedeli all’ascolto, fu meraviglioso poter dire loro che amavo Dio più di ogni altra cosa o persona al mondo, compresa mia moglie che specificai essere la persona per la quale senza indugio alcuno, avrei dato la vita qualora mi fosse stato chiesto di farlo in cambio della sua. Fu straordinariamente illuminante e liberatorio per una volta, riuscire a dire agli altri il perché ero li, in quella chiesetta come faccio da moltissimi anni anche altrove, a venerare quel Dio che amo molto più di me stesso, e a spiegare che ho certezza della forza che mi da su questa terra, e l’ incommensurabile misura di sicurezza che mi regala per il mio futuro nel’ eternità se persevero nel Seguirlo. E’ stata un esperienza gratificante insieme affascinante e sublime, anche perché in passato, avevo di mio, fantasticato di viverla, e ora GESÙ mi faceva dono di questo immenso regalo. La settimana seguente Don Pasquale torno’ e quando fu portato a conoscenza del fatto, si scuso’ con noi parrocchiani per averci fatto vivere quell’omelia inusuale e strana. Ebbene per me di strano vi fu che purtroppo cose simili non si ripetono, a mio giudizio fu la più bella predica a cui mai ebbi modo di vedere e sentire e vivere, e non credo mai nessun oratore ascoltato e che ascolterò, sia mai anche minimamente in grado di dire e fare. A parer mio, raramente Dio entro’ nel cuore della gente come quel giorno, Lui era con noi, in noi, e non penso proprio che qualcuno pensasse ad altro, o si annoiasse anche minimamente. E lo stesso la domanda rivolta dai vari Don, di volta in volta potrebbe essere cambiata, magari relazionata ai pareri di ognuno, sulla parola del Vangelo appena ascoltato, il modo più semplice per interloquire con gli altri e finalmente parlare di Dio, e non solo recitare litanie in suo onore che per i più e’ divenuto un gesto meccanico che una volta detto non entra nel cuore, ma viene subito dimenticato. Ironia della sorte, da una mente quasi folle, l’idea più bella e pura, per accomunare Dio all’uomo e viceversa,… il genio della follia. Questa la più bella di tutte le Omelie a cui ho assistito, questo un modo nuovo di rivolgersi ad una comunità Cristiana stanca e annoiata, ma che probabilmente rimarrà relegata a… Mi scuso per Don Saverio., dovete capire e vecchio e con la testa non ci sta più. Così che dall’aver perso dal dopoguerra ad oggi più del settanta per cento dei fedeli, saremo destinati a diminuire di numero ancora sempre più, perché Abituati a sentire le stesse cose anche se giuste, ripetute all’infinito, dalla stessa persona che è protagonista solitario del suo modo di vedere la vita e l’insegnamento di GESÙ, dimenticandosi lo stesso Don Pasquale e chi per lui, che Nostro Signore preferirebbe avere in chiesa non uno, ma cento Apostoli, che con il tempo rendendosi utili e partecipi diverrebbero duecento eee… Io mi scuso per Don Pasquale…