SCRIVERE LEGGENDO
Che lo capisco da me cosa vuole dire leggere un libro Lo capisco nel modo che mi riesce più possibile dare un senso al libro in questione Usare la capacità intellettiva di cui disponi Il trucco è conoscere la ‘misura’ e quando ti rendi conto della tua capacità di apprendimento, affronti il libro con tutti i suoi misteri, con tutta la sua voglia di dirti un qualcosa che ancora non conosci Il libro spera di entusiasmarti, di stupirti e di ammaliarti Chi lo legge spera sia una bella storia che ti rimanga nel cuore per poter poi parlare di un qualcosa di nuovo Un modo nuovo per parlare d’Amore
La prima doverosa scelta è relativamente facile, cioè quando devi decidere il genere di lettura che vuoi leggere I nostri stati emotivi ci sono noti, ecco che è facile scegliere tra il genere romantico, avventuroso, fantascientifico, di azione e quanto altro… E il primo passo e fatto, poi arriva il difficile,… poi… Ti ‘tocca’ di sapere se arriverai alla fine del libro La voglia della lettura di un libro affascina chiunque, di qualunque categoria sociale e relativo curriculum vitaee Leggere un libro è insito nel nostro DNA È doverti cibare di conoscenza a qualunque ‘livello’ di propria appartenenza, … caso mai ci debbano per forza essere questi ‘fantomatici livelli’…, già che sono stabiliti puzzano di marcio a mille miglia di distanza
Quindi dicevo, si legge tutti prima o poi, o poco o tanto È la legge del contrappasso, una legge giusta Non come una legge come l’infrazione fatta per non avere rinnovato per sette-otto giorni, la revisione del Tuo veicolo Questa è una legge per i mortali, con poco senso o per il solo senso di stare in questo forse inutile mondo Che se ben ci si pensa, uno che deve revisionare il proprio veicolo è perché il veicolo è vecchio, … e se il veicolo è vecchio, è perché non ha il denaro per potersi permettere un veicolo nuovo, ergo difficilmente può attenersi al regolamento nel pagare la contravvenzione dal momento è evidente che il malcapitato abbia obiettive difficoltà economiche Ma la legge va applicata, anche se, … c’è sempre un ‘però’ … Il però per una revisione mancata Al primo fermo per accertamenti, si potrebbe indulgere per una sola volta a titolo di avvertimento Un modo banale che avvicina alla tolleranza, ma di una umanità incredibile, che rimbalza sul cuore e umanizza chi lo sente Questo non è contemplato che nelle leggi del cuore, … i codici di legge umana trascendono il comprendere tali insegnamenti, casti e puri come i loro intenti
Leggo un libro, ma mi piace più scrivere, però leggere è bello Allora faccio la media Accontento più uno a discapito dell’altro, e vince lo scrivere Quindi dopo aver abbondantemente scritto di tutto e di più, mi prendo un libro di cui conosco almeno qualche nozione di significato, da chi me lo regala, da chi me lo presta o quando lo acquisto io, … lo apro, lo spoglio e ne leggo qualche pagina qua e là In genere le prime pagine me le faccio tutte, poi con un ritmo sempre più incalzante, aumento di alcuna, qualcuna leggendola, qualcuna sfogliandola … Amo dare una mia interpretazione all’autore e al suo scritto, e escludo si tratti di semplice simpatia, ….spesso non conosco l’autore se non per sentito dire, ma mi bastano poche pagine per capire se sono sulla stessa lunghezza d’onda dell’autore che a sua volta presenta gli interpreti nel suo scritto
Mi è successo di erigere guida spirituale una persona di nome Maria Simma Avrò letto di Lei tre quarti di uno dei suoi 18 libri pubblicati al livello Internazionale Mi è bastato per passare gli ultimi quindici anni, primo fra tutti a tentare di pregare come Maria Simma e avere il minimo della sua devozione a Dio Poi, aggiungo che una analfabeta come Maria che non fa materialmente, ma in realtà fa scrivere 18 libri suoi a dei semplici, furbi scribacchini Non può essere che motivo di enorme interesse per avere tanto da dire, e nel farlo … tanto da spiegare a chi non sa dove si trova la vera Luce e io ancora non lo so
Maria è stata sicuramente ispirata da “Qualcuno” più grande di Lei, … e ce ne vuole per tentare di eguagliarla, … Ce ne vuole talmente tanto che qua sulla terra si fatica a trovare in alcun posto quel che davvero serve E ancora da allora, mi sto documentando sul suo Operato,… e sono fermo ai ‘tre quarti’ di libro, … il.. Fatemi Uscire da qui … Non sento il bisogno di andare oltre Ne per finire il libro, ne per la lettura degli altri 17 Nei miei occhi, ho già il quadro dipinto al completo dell’Aurea che La riveste e non mi serve di andare oltre per scoprire quanto sia grande quella piccola donna al cospetto di Dio Preferisco indirizzare il mio interesse per Maria Simma protagonista, non per i suoi libri Ho capito il senso del messaggio che mi hanno trasmesso ‘tre quarti di libro’, ora non mi rimane che cercare incessantemente di imitarne le gesta … non mi serve più leggere di Lei …
Ho iniziato da ragazzo con il libro di Pinocchio, che il più erano illustrazioni, sono a oggi dove pizzico un po’ di tutto quello che riguarda la figura di donne e uomini che hanno fatto del male o del bene nel mondo A questo punto discrimino un poco sul fatto che molte letture, molti libri che riguardavano le gesta di “Uomini” di Dio siano le mie letture preferite Del resto sfido un Ateo, un non Credente, un appartenente di altre religioni a non visitare Chiese e Musei Sacri, che sono libri a ‘cielo aperto…
Che ho sfogliato qualche pagina che parlava anche di Gheddaffi crudele e perverso … o di un John Fitzgerald Kennedy Umanista come prima figura di rimbalzo, di Martin Luther King Umanitario, Abramo Lincoln politico tutto d’un pezzo, Mobuto sanguinario, Stalin deposta, Hitler fanatico razzista, e poi ancora il più grande filantropo di tutti i tempi, 43 miliardi di dollari donati da Zuckerberg per la ricerca di alcune malattie che affiggono la nostra vita … Alcune di loro figure nobili, Altere, Fiere, ma questi davanti alla Maestà di ‘Una’ Madre Teresa di Calcutta, gracile e Debole, non sono nulla Lo stesso che paragonare me a Lei Poi il Gigi, mi dice dopo aver letto quello che ho scritto sopra, di non aver capito il significato del mio scritto, comunque non appieno Allora io gli rispondo così ….
Cosi si legge, ognuno a modo suo, anche chi non legge Ognuno il romanzo se lo riscrive nel suo cuore, giorno per giorno, ora per ora E non si pensi volessi dire chissà cosa, ho solo dato una interpretazione del mio ” leggere “, pari ad ognuno come saper scrivere, mangiare bere e fare all’Amore In pratica volevo significare che io un libro difficilmente lo leggo per intero perché mi piace dare un interpretazione personale, o forse non lo leggo per intero per comodo, per dire a me stesso che l’ho fatto La parte della multa, non c’entra niente, l’ho associata perché mi sembrava un divertente diversivo, forse per divertirmi, forse per volervi divertire E non mi dilungo con altri esempi, perché ‘sfocerei’ in una risposta troppo vaga, e questo è un libro,… molto personale, se così non fosse, elogerei di piacere e di dovere il mio Amico Gigi a cui dico… che ha un alto senso critico, perché già che ha sollevato un dubbio, è un degno lettore di chiunque ambisca avere un pubblico di ‘ Brava Gente ‘
Ma cocludo con riprendere il discorso a cui è volto l’interesse comune,… Parlare d’ altro, perché questo l’ho già scritto È difficile capirmi, è difficile che io mi capisca,… Infatti non ho ancora capito se il mio è uno scrivere intelligente o di un oscuro desiderio di voler essere ciò che in realtà credo di voler essere … è ovvio che considero sia un modo intelligente di pormi, adeguato ai nostri tempi, che non sono fatti solo di diplomi e lauree ma vado oltre, vado al cuore, e li, una laurea non ti può dare che molto poco, … e anche se non nascondo l’inquietudine di poter sbagliare sulla mia convinzione, mi conforta propendere per la ‘prima’ E se si capisce dove correggermi perché sbaglio, vuol dire che era valsa la pena di scrivere perché fossi ‘corretto’, che in fine significa aver ottenuto l’interesse del farlo
Ora vi parlo d’altro … e riprendo prendendo dal miscuglio dei discorsi, quello che mi sta più ‘ a Cuore ‘, cioè il continuare a parlare dei miei incontri il mattino andando al bar per fare la colazione… peraltro unica mia pretesa comodità di una vita al di sopra delle mie possibilità
Si, perché una colazione al mattino consumata dal mio Amore e me, ci costa quasi 5 euro, e se aggiungiamo anche un pacchetto di sigarette in due al giorno, ecco che il risultato è di 10 euro al giorno che moltiplicati per la media di trenta giorni, diventano una cifra mensile di un affitto di casa per molti, quindi mi ritengo ancora una persona che ‘sta bene’ se l’equivalente di un affitto mensile di una famiglia, ce lo beviamo e ce lo fumiamo sciupandoli… c’è sempre chi purtroppo sta peggio di me o c’è sempre di un qualcosa di un qualcun altro La vera forza è accettare il tuo stadio, la tua occupazione sulla terra, perché chiunque è tenuto ad averla Un ricco non può comprare la serenità e tanto meno l’Amore, perciò la sua giusta dose di malasorte, è, ne più ne meno, uguale a chi ricco di beni non è Tanto vale accettare la propria sorte con tutta la dignità possibile, perché sia tale e dignitoso, abbisogna di grandi dosi di umiltà che in genere è più accentuato nell’animo degli ultimi, dei poveri,…
Si, dei poveri, perché lavorare per vivere e lavorare per essere poveri, e mi considero di loro anche se bevo cappuccino, mezza brioche divisa con la mia Metà, è un caffè …e cinque o sette sigarette al giorno Che c’è differenza tra colazione e colazione, sigarette… e sigari Certe ‘colazioni’ costano quanto l’intera mia giornata completa di cibo per quattro gambe e otto zampe più caffè, dessert e liquore ‘Certa’ gente si permette sigari cubani, che un paio al giorno con il loro costo bastano non solo per il cibo, ma pagherebbero le bollette di un mese e mutuo compreso Perciò si, sono povero, meno di tanti, peggio di molti …ma meglio, sono tra gli ultimi, più probabilità di essere “Ricco” dopo il mio ultimo saluto al mondo, che è la mia unica ragione di vita ultraterrena, dove ardo dal desiderio di trascinare con me la mia ragione di vita sulla terra, la mia Susy, il mio bene, il mio Amore terreno, infinitamente più piccolo del Bene di Dio, ma chiave indispensabile per accedere alla più ambita delle mete, il Paradiso
LA VALLE DELL’EDEN
Il Paradiso ha mille facce, mille volti, tutti luminosi, tutti diversi, mille interpretazioni di quanto possa essere bello Il Paradiso Il comune denominatore di risposta del quesito al perché della bellezza Il Paradiso è la Luce, comunque lo immagini, ti giunge sempre luminoso, e questo in genere accomuna ogni pensiero al riguardo Si converge al centro per dire che ognuno lo immagina come crede, purché il risultato finale sia Luminescente Vale per chi ci Crede ci sia il Paradiso, e sono convinto valga anche per chi non ci crede al Paradiso Parto dal presupposto che chi non Crede nel Paradiso, Crede in se Stesso, o a degli ideali, o alla scienza o in mille altri modi e sicuramente ‘Crede’ nella sua convinzione personale Quindi anche per loro esiste una ‘sorta’ di meta che arriva ad un Paradiso Altrettanto sicuramente avrà tinte chiare, … come la Luce, come il raggiungere un premio molto ambito
La Luce si manifesta in molte forme, anche la signora Maria emana Luce Che già il nome mi potrebbe risparmiare la fatica di elogiarne le doti Lei passa gli ottanta, non parla chiaramente e credo senta meno Che dire sordo muta, mi urta come dir cieco o storpio E una delle non rare occasioni in cui preferisco usare degli epitaffi che suonano di melenso, e sta meglio non vedente che cieco, che non sente al posto di sordo, che ha difficoltà a parlate, invece che muto, diversamente abile piuttosto che storpio La signora Maria è andata al Camposanto dopo il caffè Sua mamma sette anni or sono ha abbandonato la prima e la seconda guerra mondiale, aveva 100 anni, è ha combattuto forse senza saperlo, anche la terza guerra mondiale, quella cui si sta vivendo ora,… La guerra più tremenda, quella della sopravvivenza, quella dei popoli tutti “Uguali”
E per avvalorare ciò che dico, la signora Maria, ogni mattino che la incontro in orari diversi, non manca di fermarmi sul marciapiede che porta al mio bar del mattino e non solo, il Mignon, che il nome gli si addice, colma la parziale mancanza di umiltà che in genere serve a stabilire un contatto ‘vero’ con la gente,… che i clienti direbbero Loro, … i gestori
La Maria mi ferma fissandomi negli occhi ma guardando anche il labiale delle mie labbra, e quasi urlando mi dice, come stanno i cagnolini? Manca qualche lettera e la pronuncia è un po’ sconquassata, ma assicuro capire benissimo cosa mi dice la signora Maria,… e gli rispondo che non sono con me, la signora Maria è una ultraottantenne molto sorda e quasi silente, accudisce con orgoglio e cure amorevoli, uno dei suoi figli, forse scapolo, … non ricordo La signora Maria è una Cara persona, e gli racconto dei miei Cagnini
La Mini ( che la chiamo Mini o Minni o Minnie che è il suo nome originario, quello della mia adorata Cagnolina ) è con i suoi cuccioli, hanno venti giorni di vita, e lei li protegge a spada tratta È l’ultima cucciolata per lei, poi la faccio sterilizzare, che la cosa mi ripugna, per primo perché devo decidere di una cosa contro natura, secondo e non meno importante, e pensare gli si cambi la vita, forse in meglio, quanto suggerisce il buon senso avvalorato dalla dott. ssa veterinaria che insiste sulla prevenzione di tumori che possono sopraggiungere nel non sterilizzarla
E lo stesso non mi va di dover decidere per il destino di un altro essere, umano o animale sia Il cuore per Loro batte nello stesso modo e il sangue che scorre nelle vene alimentando la vita, ha lo stesso colore Solo l’intelligenza distingue un umano da un Animale L’umano ne è dotato ed è perciò che spesso si comporta in modo scellerato
La Mini, solo da poco si consente qualche uscita dall’asfissiante richiesta di poppate delle due piccole, ma non il mattino prima delle undici Il Roccia, el ‘trombador’, verrebbe anche, ma non esce di casa volentieri senza la Minni, non saprebbe a chi mordere le zampette nell’ascensore, ne correre in aiuto per la sua amata, quando la Minnie abbaia fiera e statuaria nella sua postazione perché ci sono persone sconosciute o altri Animali e altro
A seconda del tipo di abbaio, fa capire la presenza di un estraneo, di un altro Cane che passeggia con il suo ‘padrone’, ma quando scatta secca all’attacco, o c’è un uccellino (che non prenderà mai ) o un coniglio, che se questi si ferma e l’affronta spavaldo, di solito è il doppio di Lei perciò la fa scappare a gambe levate Non parliamo di Gatti, il suoi ‘odiati amati’ micii … che per l’appunto, non ho ancora capito se li ama o li detesta Tutto questo la signora Maria non lo sa, Lei chiede semplicemente dove sono i Cagnolini … e brilla in testa con la sua chioma bianca con il taglio alla ‘maschio’, ma ben curato da donna, una statura non alta, corporatura di una donna di taglia media, camminata veloce a piccoli passi Questo sembra da ‘fuori’, ‘dentro’ pare se possibile ancora meglio, una persona Bella e Pulita
La signora Maria, non è l’unica Maria che ho conosciuto sulla strada tra me e il caffè, conoscevo anche un altra donna con lo stesso nome, la ‘Sciura’ Maria che il mattino veniva di tanto in tanto a farsi un caffè al bar, ora il tempo l’ha reclamata, ma mi è bastato averla rivista per qualche tempo per rinverdire belli e malinconici ricordi di gioventù
La sciura Maria abitava in quella casa che ospitava nei primi del 900 gli uffici della prima fabbrica di cemento al nord Italia, almeno, di sicuro la più grande, l’Italcementi La abitava insieme al marito e la figlia Lucia che chiamerò Lucilla perché Lei si è scelta questo nome in un social e a me piace molto Una simpaticissima ragazza con il sorriso e battuta sempre pronti, che ancora incontro al bar Ora ha un figlio adorato che tira di scherma e per marito ha un omone grande e grosso, che quando lo urto per errore al banco del bar, chiedo scusa alzando la voce perché mi senta e perché mi perdoni subito Dopo la Lucilla, i suoi fratelli Peter e Manolo, il primo un arciere ‘rossiccio’ come il babbo e Manolo che di mestiere l’ho visto all’ingresso di un tribunale con tanto di divisa blu da protettore della legge
Che quando vado a rivolgere l’estremo saluto ad una persona cara, non c’è tristezza se la sua vita si è svolta per un lungo film, e non vi è grigiore nei ricordi, solo un pizzico di malinconia, perché Lei, la sciùra Maria, si è portata via un pizzico della mia adolescenza Me lo ricordo bene suo marito buonanima, tipo schivo e solitario, o forse semplicemente timido, che la differenza ancora oggi fatico a riconoscere, e uso uno o l’altro modo di giudizio a seconda di come vengo interessato alla vicenda umana che mi coinvolge al momento nei suoi riguardi, di solito preferisco pensare al “timido” è più gentile in tutti in tutte le circostanze
Il marito, quell’uomo con una lunga folta barba rossa come il colore dei suoi capelli, si confondeva con il rosso più acceso del foulard che portava sempre avvolto intorno al collo, annodato sul davanti, che scemava sul di dietro a triangolo, ma non era il triangolo che per Lui avesse un significato, bensi’ falce e martello, simbologia “comunista” degli anni sessanta, che con vigore si è protratta poi per un altro decennio, arrivando a un decennio più del 2000 in forma rivista, più lieve, che di quegli anni vi parlo, vi sto parlando scrivendo
Qualche fotografia memonica, la Sciùra Maria me la ricorda insieme alla figura di mia madre, quando noi ragazzi si giocava nei cortili polverosi, o si costruivano capanne di frasche sulla ferrovia dismessa, proprio dietro casa nostra, e per i più grandicelli e temerari, si entrava di nascosto nella fabbrica in disuso della Italcementi Al suo interno, sembrava di essere in un mondo antico, volte gigantesche, buie, nere, ne percepivi le sommità da qualche pertugio che lasciava entrare quel po’ di luce, ed era tutto grande in quella fabbrica, forse la cosa più piccina erano i carelli che scorrevano sui binari per il trasporto della calce, sembrava di essere in quelle miniere d’oro o d’argento del vecchio Far West
Ovviamente in quel posto tetro quasi lugubre, si entrava sempre in due o tre, e ogni uno di noi pareva essere di sostegno all’altro perché ci faceva paura tutto quel ‘grande’, tutto quel buio ma nessuno osava ammetterlo, ogni uno era il “capo” ma nessuno lo era di fatto, ed eravamo liberati dalle grida delle mamme che dopo un po’ a scuarciagola ci chiamavano, solo all’uscita ci lamentavamo di dovercene andare, solo quando si vedeva di nuovo il sole, solo allora diventavamo grandi
Quella casa che dividevamo con la Sciùra Maria, era abitata anche da altre famiglie, in particolare ricordo una signora anziana che viveva li prima di tutti noi Era come l’avessero lasciata a guardia di un castello vuoto in attesa di nuovi inquilini Se ne andò in miglior vita quasi subito dopo il nostro arrivo, quasi a passarci il testimone di una vita passata in quel luogo un po’ tetro della ‘sua’ fabbrica, dove aveva lavorato come impiegata quando i conti si facevano con il lapis per essere facilmente corretti, niente computer allora, mezze maniche nere e occhialini che ingrandivano le parole e tanta diligenza nel fare il proprio lavoro
E mentre assisto religioso alla funzione d’addio di terra della Sciura Maria, tutto questo mi ritorna alla mente e nel mentre, osservo delle persone che irrequiete si scompongono annoiati nei loro banchi di preghiera Guardo quel Cristo in croce e gli dico di non preoccuparsi se intorno a Lui è sorta una cappa di indifferenza, un alone di noiosa forzata orazione, la gente ha già troppo da pensare … Qualcuno si perde in questi anni tribolati e ancora a qualcuno si deve dare la ‘colpa’ per questo triste e scombinato periodo storico
Quindi meglio a Lui, quel Cristo in Croce, è più facile Lui non reclama e È abituato a prendersi le colpe degli altri Altri come me ci guadagnano, e scrivo ciò che ho pensato, un mio io a tu per tu con il Signore, che adesso sto parlando della Sciùra Maria, che chiamo cosi’ da allora, forse perché Lei era di Milano ed insieme al suo bel parlare gentile, pacato e fluente, si distingueva tra noi paesanotti un po’ crudi e rudi che di pacato non avevamo nulla
Passarono gli anni, e pian piano quella grande casa, cosi’ come si era animata si svuotò, ognuno con i loro destini, ognuno con le loro vite, che tutto inizia e tutto finisce, come quel giorno che venne demolita, per far sorgere un capannone senza vita, senza storia Ma il destino aveva deciso di farci rincontrare dopo più di trent’anni, non più nella stessa casa, ma nello stesso paese, a berci dei caffè insieme al bar Mignon e dirci di come le nostre famiglie ora se la passano Sino a quel giorno di domenica, era mattino e all’uscita della nostra Basilica, io e la mia compagna camminando verso casa, vediamo Lei, la Sciura Maria che un po’ curva su se stessa, ma con passo sicuro e svelto, dall’altro lato della strada con il consueto sorriso ci salutava gioiosamente, e a gran voce ci chiese dove fossero i nostri cagnolini, e noi sorridendogli rispondemmo che ci apprestavamo ad andare a prenderli per portarli in passeggiata, adesso l’aria fredda s’era chetata
Poi non non la vedemmo più Mi spiace molto che se ne sia andata insieme ad un po’ della mia vita vissuta Mi spiace che abbia portato con sé un po’ della mia mamma, mi spiace di non poter bere più un caffè al bar con Lei, ma questo è l’ugual epilogo di questa vita terrena, e già mi par di scorgere dietro la barba rossa di suo marito, Alex e Fulvia che la voglion salutare, e per favore, tanti saluti anche da parte mia Arrivederci Sciura Maria, chissà se in Cielo si bevono caffè come nella pubblicità
Ancora con noi in quel palazzo di cemento armato, anche Alessandro e Fulvia con mamma e papà che ora sono rimasti solo loro e si sono trasferiti nella città d’origine, anche loro di Milano Invece Fulvia ha preso un posto fisso al campo Santo di Bergamo e di li a poco, il fratello Alex l’ha seguita, ora sembrano accumunati da un triste destino terreno, affiancati in una fotografia che li immortala nelle rispettive date in cui sono trapassati, all’epoca si diventava maggiorenni al vent’ unesimo anno di età, e Loro non erano ancora abilitati al voto quando sono ‘serviti’ al Cielo Di Fulvia ho sentito dire che una rara malattia se l’è portata via, per Alex, quel simpatico ragazzotto pieno di lentiggini con il ciuffo che gli scendeva sul volto che quando camminava sembrava un bradipo, seppi che gli fu fatale una overdose, ‘malattia’ di quegli anni che decimava i nostri ragazzi, ‘malattia’ dei giorni nostri che ancora li decima, purtroppo la merda si fa e si cerca ogni giorno, … chissà perché si “cerca” …
E ancora il nucleo della numerosa famiglia dell’Agostino che viveva nel nostro caseggiato La sua famiglia era composta da uno straccivendolo, l’Ago, che più che caricare il suo motocarro di rottami, caricava lo stomaco di vino La Rosa sua sposa, due figli maschi e una femmina, ma poi il numero aumentò Io e il mio amico Fredy, proprietario del bar Mignon lo commemoriamo spesso burlandoci simpaticamente di Agostino perché quando entrava nella trattoria di Lucia e Natale, genitori del Fredy, già dall’ingesso esclamava a gran voce dicendo… ‘ d’ammen on calless’ che in uno stentato dialetto bergamasco significa, dammi un calice di vino
‘Stentato’ dialetto bergamasco perché l’Agostino era di origini del sud, ma voleva così atteggiarsi a bergamasco doc Il signor Agostino lo si trovava al bar in molti momenti di giornata, ma alle 12 in punto no!, mai A mezzogiorno, cascasse il mondo tornava dalla sua amata Rosa, sua moglie, una corpulenta signora più alta e ‘grossa’ di Lui che invece era di bassa statura Lei sempre con il sorriso sulle labbra, che a quell’ora gli preparava una pastasciutta al pomodoro e verso la una e mezza, i loro due bambini erano in cortile a giocare, pioggia o sole, vento o tempesta L’ Agostino doveva fare il ‘riposino’ che tradotto voleva dire fare il suo sacrosanto dovere coniugale, sempre, ogni giorno, tanto che poi i bimbi da tre aumentarono ad un numero che persi nel tempo Poi c’eravamo anche noi, la mia Mamma, il mio papà le mie tre sorelle di cui due gemelle, i miei due fratelli ed io che avrò avuto su per giù 14 anni
LA MIA FAMIGLIA proveniva da un paese lontano solo di pochi km. Questa è la storia di uno di noi, anche lui nato per caso in via Gluck Ma le mie due sorelle gemelle, Angelina e Maria Bambina a quell’epoca erano già nate da circa 17 anni, come poco dopo nacque pure Giuliana che di anni ne aveva un quindicina circa Insieme da brave sorelle sulle note della popolarissima,…Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte… Cominciarono a perdere sistematicamente la vista, essendo miopi Negli anni 60 infatti portare gli occhiali da vista era motivo di scherno, e alle giostre per la festa del paese, non potevano certo presentarsi con quegli orribili occhialoni che allora c’erano Sembravano fatti apposta per le racchie o per chi era destinata a rimanere zitella, e siccome comunque data la giovane età un po’ ci vedevano, li tenevano costantemente in borsa, ben lungi dal solo dire di averli, a quei giovanotti con pantaloni in gabardine, stirati con riga centrale perfetta, e con camice a due bottoni slacciati, con colletto altissimo penzolante ai lati
Che poi il mio primo fratello maschio non tardò a venire, evidentemente mio padre, Giuseppe, o beveva troppo, o semplicemente rispettava le regole dell’ immediato dopo guerra, dove le famiglie numerose erano ancora di buon auspicio, oggi bisognerebbe fare prima i conti con il lavoro, che non c’è, e di conseguenza con i soldi che di conseguenza scarseggiano prima di mettere in cantiere una famiglia con più di due figli
Adelio, questo nome gli fu dato, per onorare un medico che operava nel vecchio ospedale maggiore di Bergamo caro alla memoria di mia mamma Marianna, che lo stimava moltissimo, ed essendo Lei stessa stata per un certo periodo infermiera crocerossina dello stesso ospedale, se ne ricordò, e auspicandone forse le gesta, volle chiamare appunto Adelio il primo maschio Egli non tradi’ la sua aspettativa nominale diplomandosi e laureandosi molto poi, diventando un industriale quale è tuttora, che comunque finisca, rimane un gran d’uomo nel l’imprenditoria italiana, che per il vivere quotidiano al di là del lavoro, è compito arduo per chiunque, anche per Lui
Non dimenticherò mai le domeniche in cui a spinta, per non farmi sentire, mi impossessavo della sua stupenda Kawasaki 500 verde di tue toni di colore diversi, e quatto quatto, dopo qualche decina di metri, l’avviavo con una ponderosa pedalata, che se ‘rinculava’, ti faceva un gran male alla zona degli stinchi Il tutto per farci un giretto di un quarto d’ora, mentre Adelio finiva il pranzo, questi, subito dopo, pettinato con capelli ‘stirati’ alla Mal dei Primitiv, con uno stupendo foulard alla Lucio Battisti e occhiali scuri, partiva con la sua splendida motocicletta, che io avevo da poco riposto, e si dirigeva a tutto gas, in quel di una allora famosa discoteca a Sarnico, un paese a ridosso del lago d’Iseo
Non di rado si accompagnava con mia sorella Giuliana, essendo che loro due andavano parecchio d’accordo, e per idee, e per l’età, vicina per entrambi, ma una volta entrati in discoteca, ogni uno si faceva i fatti propri Che per mia sorella Giuliana era la stessa cosa che per Adelio, i fatti propri riguardavano, l’una frequentare ragazzi, e per l’altro frequentare molte più ragazze E senza forse…molte, e tutte bellissime, come del resto era lui, un gran bel ragazzo, il più alto della famiglia per cominciare, e mia mamma diceva sempre che l’altesa l’è ona mesa belesa. (altezza è di se una mezza bellezza)
In netta contrapposizione a mia sorella Giuly, la più piccola di noi in famiglia per statura, ma lo stesso graziosissima, e molto carina, perché per via del suo nasino schiacciato, sembrava una giapponese Questa ultima affermazione è stata motivo di scherno per noi in famiglia, nei confronti di nostro padre, perché ogni tanto mia mamma, ridendo, si rammaricava del fatto di non aver sposato quel poliziotto a Milano, quando Lei ci lavorava come infermiera all’ospedale, un altro posto dove milito’ come crocerossina e allora noi figli a quel punto, rincaravamo la dose dicendo che comunque una love story, ci doveva pur essere stata, seppur breve, se si considerava che mia sorella fosse appunto la più piccola di tutti in famiglia, ovviamente si scherzava, perché i nonni da parte di mamma, non erano Watussi
Anche per Giuliana, il nome le fu dato per preciso volere di mia mamma, non altrettanto dicasi per Angelina, rigorosamente imposto dalla suocera, mia nonna, carabiniera e padrona, come funzionava all’epoca, e non per questo, nella maggior parte delle famiglie ‘comandava’ l’uomo come si voleva far credere, semplicemente la donna fingeva di stare in disparte, almeno per alcune di loro Infatti era l’epoca dell’uomo ‘padrone’, ma mio nonno Annibale di ‘padrone’ non aveva nemmeno se stesso tanta era la bontà del suo Cuore Ricordo, … mi riferivano nei racconti di quando ero bimbo, che l’Amore tra una coppia, si faceva a luci spente … Si scopriva l’un l’altro gli indumenti dello stretto necessario al copulo, e non penso si sia fatto molte volte di più che per procreare Del resto le fantasie sessuali erano confessate in Chiesa, quindi incutevano terrore al solo pensare di dirle, e per questo non c’entrava Dio, ma era colpa degli uomini, un po’ meno ma come ora
Personalmente come retaggio di un passato che oramai, per fortuna abbastanza remoto, di confessare ancora adesso al Prete che accetta di ascoltarmi, qualche vigliacca lotta di una guerra combattuta da 5 vili unità contro 1una sola Ovviamente, il problema non sta tanto nel confessare una o più ‘Pugnette’ … Il problema non esiste se a condizione che Tu nella “guerra”, abbia pensato alla tua compagna, o a tua moglie … sennò…. è diverso, anche oggi per me qualche volta sempre più rara è diverso Del resto non posso migliorare nella mia Fede, che con piccoli passi sicuri Troppi quelli fatti in passato a falde larghe, molti, insicuri, l’esatto contrario di ciò che è successo al resto della mia famiglia, nel corso di questi lunghi anni si sono ognuno realizzati posando i piedi dove si doveva Mi sento dentro di avere pagato per Tutti, come mia Mamma penso sia trapassata per il bene dei suoi figli a oggi un poco dispersi nel pensiero che accomuna
Non è facile essere quello che sono, combatto ogni giorno di tutti i santi mesi dei santi anni, è una lotta che non auguro a nessuno Solo Gesù ha pagato con la morte il suo Martirio per liberarci dal male, superando le mie fatiche e sacrifici di alcune centinaia di migliaia di volte, e più … È grazie a Lui, che continuo a portare la mia ‘Croce’, e sempre Gesù che ringrazio per avermi messo accanto tutto ciò che potrei mai desiderare dalla vita, la ‘mia’ Susanna E somigliare a mio nonno Annibale nella parte che lo rende un uomo mite che soffri’ lavorando per tutta la sua vita, mi rende la parte d’orgoglio che altri hanno saputo trarre dal rapporto con il denaro
Mi immagino lo stupore, quando su quella strada, pollice alzato all’insù, facendo l’auto stop, conobbe quello che divenne l’uomo della sua vita, e presentandosi disse, piacere mi chiamo Angela, piacere mio rispose lui, mi chiamo Angelo, e da allora, due Angeli per una vita sola Mia nonna non vinse però la battaglia del nome alla sorella gemella, a cui voleva dare il nome Maddalena, mamma si impose, e la chiamò Maria Bambina, che a mia sorella stessa ancora oggi non piace molto, ma si sa, a pochi piace davvero tanto il proprio nome, come a pochi piace rivedere la propria immagine in una fotografia, e a pochissimi piace risentire la propria voce registrata, curiosità della vita
Spero che a Baby, sia piaciuta la sua vita, vissuta con l’unico uomo da lei conosciuto, che a cavallo della sua fiammante 500 Topolino nera, parcheggiata in quel cortile polveroso del cascinale di Seriate, l’ha rapita per convolare a nozze Ovviamente non manchiamo nemmeno oggi, noi fratelli, di rinfacciare a Piero, il marito che si è cuccato il primo fiore della famiglia, un po’ stordendola, un po’ ammaliandola con la sua parlantina da play boy dell’epoca di Gianni Morandi e ciuffo di capelli sulla fronte scomposto, … che non andava a prendere il latte, andava a prendere Lei
Poi arrivai, io, Annibale, che ben presto ho imparato a convivere con questo importante e altisonante nome, che lo stesso, più di cinquanta anni or sono, non lasciava spazio a dubbi, circa il fraintendimento del suo significato, nonché alla sua malversazione a mò di presa in giro Anche questo nome, “pilotato” da nonna padrona, perché il nonno, suo marito, era in procinto di morire, quindi anzitempo si decise per il suo nome, Annibale, che poi divenne anche il mio Sempre amerò il ricordo di mio nonno, anche se visse ancora quindici anni dopo la mia nascita, pace all’anima sua
Direi che sin da piccolo, ho dato preannuncio di tribolazioni, a due anni contrassi una grave forma di eczema, che mi regalò in seguito alle cure per debellarla, sterilità e non bastasse asma allergica, che mi accompagneranno sino al giorno del tempo che non sarà più il mio tempo E che fosse destino che dovessi rimanere qua su questa terra, per fare per lo più guai, lo si capi subito, a quattro anni, quando caddi rovinosamente, dal primo piano della nostra casa di Villa di Serio, dove nacqui, e mia madre disperata mi raccolse sul cemento del selciato sottostante, e si rese conto che a parte una piccola perdita di sangue dall’orecchio sinistro, non mostravo altri segni di malore, in pratica non mi ero fatto nulla
Riguardo alla mia innata stravaganza, come non ricordare quelle sere tarde, in cui mi svegliavo, a soli cinque anni, e non vedendo i miei genitori nel loro letto, di soppiatto uscivo di casa, ed in pigiama, nel freddo dell’inverno, al buio, eludendo la sorveglianza dei miei fratelli che anche se non dormivano erano sommersi fin sopra la testa da un mucchio di coperte pesanti, unico sistema dall’ora di ripararsi dai rigori della stagione fredda Percorrevo circa tre kilometri a piedi nudi per raggiungerli, supponevo non sbagliando, che fossero a cena dalla zia Gina, o altri parenti
Che poi , io una spiegazione per l’attribuzione del mio nome, almeno l’ebbi, ma mai si seppe, come e perché, mio nonno venne chiamato Annibale in quel tardo 1800, facile supporre che gli venne dato, facendo preciso riferimento al condottiero cartaginese, che con grande clamore, valicò le alpi, con un buon numero di elefanti, per stupire e lasciare basiti i suoi avversari romani, conquistando di fatto Roma, per due anni a venire di quel periodo
E siamo all’ultimo componente della mia numerosa famiglia, Emilio Non ultimo ovviamente per importanza, nessuno di noi lo è rispetto ad un altro, almeno questo è quello che penso io, e dovrebbe essere di pensiero comune per il resto della family, come saggezza suggerisce Emilio, ho iniziato a chiamarlo affettuosamente Miglio che associo simpaticamente al ‘Miglio Verde’, famoso film interpretato da Tom Hanks, questo solo da pochi anni, perché ho sempre creduto si chiamasse Emiliano, questo la dice lunga sul fatto che io nella sua adolescenza, ero troppo preso a combinar stronzate in quantità industriali, e avevo davvero poco a cuore l’andazzo famigliare di allora
Che cosi, Miglio, è nato poco meno di sette anni dopo di me, che sono il penultimo della mia famiglia Ricordo di lui, una foto scattata sul tappeto verde del biliardo del bar gestito dai miei genitori, con il classico “paggetto” bianco, che faceva sembrare femminucce e maschietti, tutti uguali, indistinguibili, tra loro, visto che per altro svettava sul ‘capino’ un ‘banana’ acconciata a mo’ di ricciolo
Un grosso buco nero nella memoria, e me lo ritrovo a 12 anni, con me in Calabria, grasso che sembrava un acciuga, per raccoglierne le gesta qualche anno dopo, in cui con grande caparbietà e infinita pazienza, è stato l’ultimo a vivere gli ultimi tempi con nostro padre, che era rimasto vedovo, e per questo, tardi, troppo tardi, lo ringrazio, ora e per il futuro Con lui ho diviso molte gioie, e qualche dolore, ci siamo fatti un sacco di risate e meno pianti, che non ho avuto ancora l’immenso piacere di fargli da fratello maggiore, ma che spero in un futuro breve, sia possibile, anche perché compiacerlo, non è compito facile, i suoi sbalzi di umore sono leggendari e repentini, ne sa qualche cosa, la brava donna che l’ha sposato e insieme all’anello s’e’ pigliata pure il suo ‘caratterino’, alla fine pur sempre simpatico
Angelina la mamma in seconda, di tutti noi, persona speciale a cui aggrapparsi nel bisogno, e aiuto speciale al più turbolento, io, ovvio La gemella Maria Bambina, moralità ineccepibile, aiuto instancabile della mamma in seconda, paziente compagna del marito Giuliana, mamma irreprensibile, amica speciale del fratello maggiore, e di tutti noi Adelio, fresco e brillante nel commercio, anacronistico nello stile di vita, dotto sentenziatore di verità anche se non senza imposizione che trascende suo malgrado all’ umano inevitabile errore Io Annibale, incrollabile ottimista, sprecone, un po’ spaccone, ma ora non troppo, esuberante, generoso, altruista, eccentrico, stravagante, stupido ingenuo bonaccione, idiota credulone
Emilio, coerente esempio di stabilità decisionale, caparbietà e serietà in contrasto con l’instabilità dei suoi cambi d’umore Sei fratelli, tre femmine e tre maschi, ognuno differente tra loro, ma simili e accomunati nel bene fraterno, sempre pronti ad aiutarci l’un con l’altro, in ogni circostanza, in ogni bisogno, nonostante il giusto frapporsi dei rispettivi compagni, con un unico comune denominatore, amarci di quell’amore, onesto lascito di quell’ insegnamento grande, che è stata la vita ad esempio di nostra mamma Marianna, colei che ha dato alla luce sei meravigliosi, impareggiabili fratelli Grazie papà, ma ancor più, grazie mamma, quel sentimento cosi come ce lo hai donato, non ha prezzo, nessuna eredità materiale può anche lontanamente comparare la tua, l’Amore non ha peso, e non ha prezzo
Ed continua la mia storia, che non è, e non vuole essere una autobiografia, ma un semplice raccontarsi di quel bar dove il mattino bevo caffè e latte
E se ti ritrovi a ‘chiederti’ un perché di un qualcosa del tuo passato stando nel l’ombra, hai bisogno che qualcuno ti aiuti, perché da solo non puoi farcela, ogni risposta ti daresti, butteresti all’aria del tempo sprecato a capire il perché dovrai continuare a vivere Di mio, credo che il passato sia un nemico, forse non cattivo, ma non un amico
Se una persona ha commesso degli errori nella sua vita, certamente non l’aiuta pensare agli sbagli del passato,… non ci si potrebbe che scoraggiare, penalizzando il pensare positivo posto sotto gli occhi, l’evidenza dei propri errori, quindi non credo che il ‘passato’ influenzi positivamente sul nostro futuro Il passato è malinconico, a volte deprimente,… vilipendio dell’armonia, quindi meglio a lasciarcelo alle spalle,…come si suol dire
Allora cambio discorso, oppure rischio di rompere le balle con il mio solito Amico che tutto fa e tutto Può …, Tanto per non cambiare…
Qualche mese fa, mi accinsi a costruire con un mucchio di pietre Avevo già la base, le ‘fondamenta’ Il buon signor Tullio, aveva abbozzato e in qualche caso concluso, una serie di piccoli Trulli, parti di pietre assemblate circolarmente che dopo una cinquantina di centimetri in altezza, convergono gli estremi verso l’alto stringendosi un poco,… appunto come i Trulli, le famose casupole Pugliesi bianche di calce, fatte a forma di cono inverso Il Tullio, curava i sentieri del bosco, li disboscava dove serviva, e a colpi di picco e pala, qua e là spaccava qualche pietra per rendere più sicuro il cammino di tutti, tratteggiando i sentieri con l’Amore del disinteresse Credo si beasse di quel suo lasciare i sentieri puliti come un autostrada Svizzera, e quei mucchi di sassi messi assieme, eran solo un grazioso tocco di galanteria nel contesto del completo Anche ora il signor Tullio fa’ tutto ciò, ma prima ne ho parlato al passato perché Lui ora ha cambiato “padrone”
Cura sentieri e strade di bosco per il loro stesso Creatore, e so’ che nessuno lo dissuaderà di tornare di qua, quando dove si trova, lo stipendio è promesso per l’eternità, noi al massimo per convincerlo a tornare, gli prometteremmo di ricevere una regolare pensione che per lunga si percepisca, il paragone impallidisce di fronte alla stragrande offerta dei Cieli, e il Tullio rimane là, che se l’è voluto il burrone, l’ha voluto Dio per deliziarsi della sua presenza
E io sulle sue perlopiu’ macerie ho costruito ciò che piaceva costruire a me, consapevole in qualche modo di aver completato un Opera La sua Opera L’opera di Tullio Ciò che il massimo del suo cuore potesse fare per il bene degli altri, e lo stesso vale per me che ne ho continuato forse indegnamente l’operato portandolo a termine
Un opera di sassi, terra bagnata e muschio, cemento naturale di ogni struttura che voglia durare Il muschio marcisce una volta rimosso da dove è abbarbicato, ma rigurgita vita nel frattempo che immagazzina polvere vitale trasportata dal l’amico vento, e la pioggia suggella il tutto che non è meno amica di nessuno
Così ne uscì una specie di torre Maya con all’apice il ‘simbolo’ che più prediligo, una croce
Una torre alla base di cui si allargano a gradi più sotto, quattro piccoli terrazzamenti che vanno a morire, pur non morendo, perché il terreno e scosceso a valle, e quindi altre ‘terrazze’ possono prendere il posto di una quinta e una sesta e così via per parecchi metri più giù, e sarà mio primo pensiero l’estate a venire, ampliare la mia devozione alla natura del bosco
In queste quattro terrazze ora esistenti, vi porro’ il mio Presepe La prima terrazza, la più piccola La dedicherò al Castello di re Erode che è finito È servita una scatola di scarpe, con il coperchio sapientemente ritagliato a modo di ‘merli castellani’ Al proposito, simpatica e assieme per me istruttiva, fu la volta che mi trovai a Mosca per una gita di piacere Galina’, fu e ancora certamente lo sarà, un ottima interprete di madre lingua russa in quel della Piazza Rossa e non solo, ci spiego’ ( ero in compagnia di un ex amico ) che i merli delle mura di cinta del ‘ Castello Rosso ‘, furono progettate e fatte ‘forgiare’ da un architetto Italiano, precisamente di Milano … Campanilismo misto a stupore
Intagliato il coperchio rovesciato sulla stessa scatola vuota, serve,… colla, stucco e vernice impermeabile, … colori sintetici e due barattoli vuoti di vernice per fare la torre, nastro adesivo di carta per carrozzieri e a questo punto mancano solo le guardie romane, che le avevo si trovate della misura ‘giusta’, a una giusta dimensione rispetto al castello, ma costavano un occhio, ma peggio ancora, bisognava comprarle assieme a molte altre, che per misura non s’adattavano al resto del paesaggio, … non detesto spendere, non ho la benché minima passione per il denaro ma detesto lo spreco, sempre di più…
Sprecare è sinonimo di poco rispetto verso tutto e tutti, lo stesso che buttare per strada un pacchetto di sigarette vuoto, e certo non meno di buttare per strada la pellicola che avvolge il box, e la carta stagnola che riveste i filtri delle sigarette stesse, lo vedo fare in alcuni casi, con una tale disinvoltura, che un poco mi destabilizza,… sopratutto se chi lo fa è in giacca e cravatta, che dovrebbe rappresentare il sinonimo di discreta educazione…,
Voglio dire che il gesto di buttare per strada un qualche cosa, mi urti meno che se compiuto da un extracomunitario, che pur non piacendomi lo stesso il gesto, indulgo a favore perché appartenente a culture ed educazioni diverse di discernimento, con l’aupicio fiducioso che anche Loro miscelino con doveroso ardore la Loro cultura alla Nostra Sono meno tollerante con Un giacca e cravatta, …Loro dovrebbero dare il buon esempio,… È sempre l’esempio che vince su tutto, se fai bene gli altri imitano il bene,… se fai male… Ecco che l’esempio è la forma più Democratica per l’insegnamento, la forma migliore per un buon Cristiano, per un Buon Musulmano, per un Buon Laico, per una Buona Persona di qualunque appartenenza legata all’insito del bene più profondo del cuore, la fratellanza e l’Amore, che bene non so’ posizionare con dovizia l’una all’altro … Che un po’ mi spiace che l’Amore sia al maschile, … non per femminismo, ma perché disuguale nel risultato del significato stesso Ripensandoci, Amore è al ‘maschile’ quanto al ‘femminile’, perché l’Amore è Universale
Il presepe, il castello di re Erode, quello più in alto, sulla prima terrazza, perché più lontano, ad Oriente, dopo arriva l’umil capanna
Lo stesso, delle palme e cammelli sapientemente sparsi, sono degno contorno del maniero erodiano, e l’aggiunta di due alberi desertici ha completato il tutto, loro sono lì, proprio accanto alla torre del castello con il suo tetto a punta,… quel tetto ripido e rosso, di un rosso ottenuto con una serie di miscugli, praticamente solo per ottenere il rosso più scuro, un tetto che somiglia a una lugubre torre del castello di Dracula …
Avvicinandoci nel senso di scendere di una terrazza ci metterò la capanna che ospitava la Madonna con il suo Sposo, il bue e l’asinello che riscaldavano di leggero tepore il corpicino esile del Salvatore Gesù La porrò di fronte quella capanna che mi è costata ore ed Amore di lavoro, … In diagonale alla seconda terrazza del mio cumulo di pietre e muschio, l’opera del Tullio, pochi pastori sparsi e ancor meno pecore di fronte alla capanna, ma due file di gente moderna, gente di gomma colorata in fila indiana, qualcuno con in mano dei libri, un altro con il cellulare, uno con il capo dimesso e rivolto in basso, con una mano portata sul petto e con l’altra afferra un berretto americano per la visiera ed il braccio teso verso terra in segno di devozione, l’equivalente moderno del l’inginocchiarsi antico, come dire Amen piuttosto che Così Sia E ancora bambini che camminano dietro i grandi, adolescenti alunni, e non mancano pecore, un asinello che porta acqua per tutti e chiude il corteo di una ventina di persone dei giorni nostri Uno zampognaro che chiude il corteo riconoscente suona un flauto doppio con sacca di bue per l’aria da spendere in musica
La capanna e curata come tutto il resto per essere esposta alle interperie, per questo si sono dovute usare sostanze chimiche che scompaiono nel ricordo con la velocità di doverne dimenticarne l’uso fatto che urta con il contesto Ma per fortuna non mancano pezzi di corteccia ottenuta con la mannaia da cucina che puntualmente mi procura guai con la consorte, ne ‘sbecco ‘ la lama e Lei giustamente si arrabbia,… Mi piace comportarmi in questo modo, pur sapendo di fare dei piccoli disastri, mi pare di essere ancora ragazzino, che quando svuotavo i recipienti di lucido da scarpe per metterci del piombo che fondevo sopra di un fornello acceso, mia mamma si arrabbiava molto, e in primis per il lucido da scarpe che buttavo nella immondizia, poi perché il piombo me lo procuravo staccandogli letteralmente il sifone di scarico della vasca di cucina che allora era appunto di piombo, ma il peggio arrivava per suggellare il tutto da un puzzo nauseabondo che appestava la stanza per ore, … Mi sono serviti ceppi di legna da ardere e con la loro corteccia come rivestimento al tetto delle mie casupole, per questo presepe Mi servivano a scapito di mamma, mi servono a scapito di mia moglie che tutte e due Amo in modi differenti che poi divengono uguali perché l’Amore ha un solo colore e loro Due si sono impadronite in due esatte metà del mio cuore
Foglie di piante di palma vere, muschio naturale, buoni colori che i più si addicono ad un paesaggio desertico, discreto insieme di onesta povertà, il resto è sulla terza e quarta terrazza sottostante di quel cumulo di pietre che ho costruito con fango e muschio Un agglomerato di casupole e gente pastora, capre, pecore, asini e cammelli,… ma più piccoli di quelli posti in terrazze più alte in prospettiva Appunto ne giova lo sguardo di prospettiva, che li fa vedere uguali in altezza del loro insieme
Il mio presepe, con quello mi unisco al “Mone”, che ‘costruisce presepi con cura quasi maniacale, o di quel giovanotto che lo costruisce sulla nuda roccia il suo presepe, e a cento altri del paese di montagna dove vivo più volentieri che in un altro posto Facile amare un posto che sai non poter frequentare per più di un limitato periodo dell’anno, facile amare un posto che ti da la pace che cerchi, per questo il mio presepe auspico debba entrare nel vivo del progetto comune, per questo desidero entri nel cuore della gente che abita la mia pace Essendo ridotti tutti i canoni dei rapporti condivisibili con altre persone, è un modo come un altro per coinvolgere i più possibili nel mio progetto di bene
Al Charly, non gliene poteva fregar di meno del presepe Non è un bene di consumo, e nemmeno si può tramutare in denaro, al contrario speso per la sua realizzazione Quindi al Charly, non gliene poteva fregar de meno … Una notte mi svegliai, non di soprassalto, probabilmente da un sonno leggero, e me lo ritrovo davanti agli occhi semi chiusi, o dovrei dire che me li ritrovai lì davanti il buio, Lui e la Gegia la sua amata d’allora … Anche con Loro ho bevuto molti cappuccini e caffè, ma di più birre e bicchieri di vino, e i più il mattino dopo aver trascorso buona parte della notte insieme, a fumare, parlare, bere, ridere e ancora a parlare … che il discorso finale era sempre l’Amore
NON ESCO DAL TEMA
Desidero parlare ancora di persone che si conoscono se possiedi di più con del tempo passato insieme al caffè In questo specifico caso, parlo del caffè di montagna E a quello cui mi riferisco io, di montagna … ‘sa’ poco’ Inteso nel senso per cui se si guarda gli arredo non v’è similitudine alcuna con il resto del contesto del paesaggio esterno Penso chi l’abbia progettato, abbia avuto il bell’intento di ‘spaccare’ con il netto contrasto, un volere portare “città” dove città non c’è
Carlo, il mio Amico Boscaiolo che ne è il maggiore legittimo conproprietario di ‘seconda’ gestione di questo bel bar di montagna, ha saputo ricucire Arte e Cultura in una sapiente mescolanza di ‘modernità’ del locale, ad una malinconica quanto ben augurante passato, affiggendo su tavolozze di lastre d’acciaio, gli attrezzi da lavoro di un epoca passata, retaggio delle sue fatiche, ricordo della sua gioventù
Il tutto condito da un album di fotografie, di generose dimensioni, a disposizione di tutti, dove la persona fortunata che ha la ventura di aprirne le pagine, rimane affascinato dal vedere perlopiù in bianc e nero, delle fotografie che ritraggono boschi, alberi, persone e cose di un glorioso passato, sempre presente nel cuore di chi vi è ritratto
Il Carlo è un mio Amico Non è persona facile Non è persona difficile Saper apprendere la grande Arte del saper convivere con gli altri è scopo primario dell’inconscio del nostro cuore, quindi del nostro Animo, quindi come fosse il desiderio irrefrenabile di respirare, il Carlo in questo forse non sarà un maestro, ma non è nemmeno uno scolaretto Può dire la sua sul convivere, ne sa qualcosa al riguardo
Carlo è una persona come me e tante altre Carlo è Speciale come Tutti L’unica differenza che contraddistingue ognuno è come si sa distinguere dagli Altri per umiltà, non si parla d’altro, solo il grado personale di umiltà distingue una persona da un altra, il resto è opera demoniaca Tra le sue mancanze, in Carlo emerge gran parte del meglio di un uomo, all’ unica condizione si lasci a Lui l’esclusiva di un pizzico in più di innocente protagonismo, sopratutto dopo due bei calici di vino, ed è piacevole stare con Carlo, molto piacevole, talmente piacevole che non di rado ne sento il bisogno morale di passare del tempo fisicamente con Lui
Carlo per me è casa Carlo per me significa stare bene dentro tutto il tempo che trascorro in sua compagnia, … non penso serva debba dire di più
Che quando ho iniziato a scrivere di quel bel bar di montagna, si parlava di avventori, come sempre del resto, prima o poi, torno sempre sull’argomento bar, e non desideravo parlare di Carlo, ma di Gigi Quel mio Amico strano con quella chioma bianca che gli scivola sul viso a farlo sembrare Babbo Natale … Ma Lui non vuole si chiami così, il Gigi non vuole si faccia mai dei complimenti nei suoi confronti La sua Umiltà lo precede
E non potrei introdurvi meglio nel personaggio che sono onorato descrivere, se non con iniziare a parlare di Lui, con Gigi che apre il suo cuore con parole a volte dure, a volte tristi, a volte di un sereno votato alla speranza, o alla certezza direbbe Lui, … ma sempre profuse all’Amore, dico io …
… Cera una volta e forse c’è ancora!
Belli come allora e a testa alta, perché sono già le sei.
Belli come allora perché io vado pizzicando le corde di questa chitarra storta.
Belli come il mio ricordo e il tuo sedere o , forse no e di quella Varsavia o Bologna incartata.
Cera una volta, e c’è ancora anche lei Nuda e che pesa sopra i pensieri miei.
Sopra la mie palle e sopra le mie parole che bianche di calce, danzano come una fisarmonica stanca.
E cera una volta e forse c’è ancora per solo una volta.
Una Varsavia scordata.
Una Piacenza mai nata.
E io racconterò le mie follie e quelle di governati paganti e sfrontati E noi sempre stranieri.
Ti racconterò le follie di chi, come me, su una nuvola a caso ci ha dato dentro e non solo col culo del poi o della memoria.
Ma con la faccia, senza contare sulla la nostra età che avanza su un mondo di eroi.
E non solo per la vita, la mia, o la Tua se vuoi!
E in quello di noi, che complici indossiamo una divisa bastarda,
imbracciamo un fucile mai stanco.
E auguriamo sparando a tutti e anche agli altri un buon Natale!
E fate i Buoni Cazzo! E non solo, ma fatti anche quelli tuoi.
Cera una volta e forse c’è ancora.
E spara la rabbia e caccia il fuoco.
E mastica e sputa.
Sulla Valle che ci copre le spalle, il culo e le palle.
Nelle notti dove i lampi si spengono, stanchi.
Dove una luce spunterà su una Maddalena che guarda il loro celo blu.
Certo i miei pensieri sono tutti li!
Varsavia e Bologna e cecchini bastardi e rotti in culo.
Varsavia e Piacenza bastardi loro e noi e anche gli altri.
Dipingo le storie marziane di noi sul nostro pezzo di carta.
Cera una volta e non ricordo se fu.
Io che ho nascosto, alla mia banda quello che facevo nel fondo del viale.
Ma ricordo la vita di un tempo per seguire le stesse stagioni.
Racconta di noi e del nostro Lavoro, Tu Maddalena e ti Prego.
Cera una volta ma adesso non c’è più.
Per i giovani che in galera non masticano più le nostre storie vecchie.
Varsavia e i suoi cecchini quei rotti in culo.
Ma la strada la dovevo attraversare.
Con un buco in testa e il culo ben nascosto.
C’era una volta, ma forse c’è ancora.
In fondo al viale.
Vorrei tanto ricominciare! Ma ti giuro che torno.
Maddalena io sono tanto fuori posto, ma cambieremo le nostre carte.
Le cambieremo domani sul ponte di Varsavia e sulla mia strana fantasia.
Ma ti voglio ancora vicino a Me!
Maddalena, che non sei mai stata mia!
Per vincere il concorso, per portare a casa il primo premio.
Un salame e un caffè latte con le uova.
Li mangeremo giù in cantina.
Vinceremo ancora tante bugie per il diritto, solo nostro di non essere” normali”.
Cera una volta e forse c’è ancora!
Belli come allora e a testa alta, perché sono già le sei.
Belli come allora perché io vado pizzicando le corde di questa chitarra storta.
Belli come il mio ricordo e il tuo sedere o , forse no e di quella storia dove non ci sei, dove non ci sono!
C’è dentro tutto, sentimento, rabbia, dolore, passione, Amore e disprezzo Per niente facile scrutare tra i meandri del pensiero del mio Amico Gigi ma del resto non sarebbe facile scrutare l’animo di chiunque Già che dopo al bar, di mattino, Gigi ti spiazza con un ‘marsalino’ secco per Lui, all’uovo per me, che niente di più sublime mi può riportare nel tempo di un bar di quarant’anni fa, il tempo del mio tempo
Chiunque desidera rivivere qualche passato momento felice, ed è bello immaginarsi in un bar con l’immancabile sala da biliardo Tavolini rotondi con i bordi in alluminio senza tovaglie, e al loro centro, un bel posacenere triangolare in baccaccalite con scritto nei suoi tre lati ‘Campari’ Eri al bar, luogo di svago, luogo di rabbia luogo Amore E li si andava a cercare qualcosa di eccitante, in ogni ora del giorno … Se di mezza mattina un vermut, di tarda mattina un Campari soda o magari un bianco con Campari in due Dopo pranzo l’ammazza caffè con grappa, un classico Per altri Vecchia e Romagna etichetta bianca a parte, che la ‘nera’ era per ricevimenti o per la sera Dal cognac, agli amari del pomeriggio Intrugli alcolici a base di menta, o al più un amaro Giuliani o un Montenegro Per la sera, in quei bar di quaranta anni fa, J&B e Ballantine’s, il meglio per l’apparire di ogni giovane tra i venti e i trenta anni Un sacco di cagate e schifosate, che ce le fossimo risparmiate, avremmo guadagnato in salute e in valute, … son proprio un coglione
E per stare in rima mi vien di parlare ancora del Gigione Il mio Amico Gigi, mi spiazza con questa entrata, … un ‘marsalino’? Fosse l’unica cosa, il Gigi a volte mi incanta, a volte lo ‘studio’, e sempre non ci capisco una mazza A volte capisco il Gigi, altre meno, altre ancora,…zero Lo stesso percepisco ogni volta ciò che mi vuole trasmettere È una percezione, l’anticipo della sicurezza, quella di trovarmi con una persona singolare, carica di storia, carica di vita vissuta, quella del mio Amico Gigi che con Lui al bar di montagna del Carlo, bevo un ‘marsalino’ all’uovo e mi ispiro anche io come Lui a scrivere, o a tentare perlomeno di farlo
Un Fiore è Vita Lo dicono i suoi colori e lo dice l’Amore che da lui prende forma e fa fiorire il suo Incanto anche dalla nudità di una strada lastricata della materia più dura Uguale di quando l’Amore fa breccia nel più duro e ostile dei Cuore
Al fine, che dir si voglia si può essere ‘qualcuno’ senza essere stati al servizio di nessuno Forse perché non sono tipo di storie lunghe Sono tipo da storie infinite e sentirmi in Fiore è offrire il nettare migliore nella azzurra speranza che un Ape mi faccia fare all’Amore con la vita
Lo stesso che un Fiore sbocciato riempie gli occhi e inala profumo inebriante di Gioia o come un fiore appassito chiede ancora una briciola d’Amore per riempirti di tenerezza il cuore Quando ci si sente Fiori passiti, si è di già serviti a qualcosa perché abbiamo contribuito a dare vigorose pennellate al disegno del Firmamento È così che si prende coscienza di essere serviti ad un qualcosa, o ad un Qualcuno dico io
Ma a volte può capitare non ci si renda conto, … allora si inciampa, ci si inginocchia e poi si cade Ci si rialza se ti ricordi il perché sei ‘caduto’, … e preciso che le virgolette le metto quando voglio intendere due modi di interpretare un pensiero
Così che un poco mi illuda e molto sia certo di onorare il più sacro dei Dogmi … rispettare il prossimo come rispetto me stesso, dettatomi non da un dio, ma dall’Universo che per me è Dio, il più bello dei Fiori
Del resto chi non sa cosa significa cadere, può essere che viva una vita più piatta di chi è caduto Non avrà mai il maledetto benedetto Bene di dare prova di sapersi rialzare dopo un bizzarro e turpe gioco del destino che io considero sia il semplice risultato delle nostre azioni Che se al sign. destino piace giuocare, noi non si mostra malcontento come vorrebbe facessimo, giuochiamo con lui, … e tra una lacrima e un sorriso, ci rialziamo
Perché la Vita è un giuoco, un modo allegro per passare il tempo Mica puoi sempre lavorare, e nemmeno si può vivere d’ozio Verrebbero inevitabilmente a mancare il gusto di avere dei diritti e dei doveri, un impasto essenziale per dare un senso alle aspettative, ai dolori, alle gioie e agli Amori
Allora coraggio ‘appassiti’ di tutte le categorie di appartenenza umana, se pensate di non servire più a nulla, pensate di essere serviti a qualcosa o meglio per qualcuno Anche Noi abbiamo attinto alla tavolozza dei colori che serviva a colorare il mondo in quel quadro Universale…
Se non ci ‘rialziamo’ più, rischiamo seriamente di privarci dell’immenso piacere di ‘servire’ ancora a qualche d’uno Ideale, e se ciò non avviene si sarà conseguito al cercare il meglio, non il peggio, … mai il peggio, … il Meglio è sempre il più bello degli Ideali Perché il peggio non esiste, se non nell’immaginario di una persona cronicamente delusa che si lamenta del male che ha, e non prende nessuna medicina per guarire
Siamo tutti dei fiori bellisssimi, o lo siamo stati che lo stesso non toglie il benché minimo valore al più nobile intendimento di pensiero Ognuna e Ognuno ha dipinto o sta dipingendo il passare del suo tempo
Che il Cielo bisogna saperlo pitturare perché un giorno è blu, un altro è azzurro, un altro ancora è grigio Ogni Santo giorno cambia di tonalità agli abiti che indossa e Noi ci si arrabatta ad intingere pennelli nell’impiastro di una vita per cercare di imitarne al meglio le sfumature dei suoi colori Per questo abbiamo i Fiori, essi si riflettono nello specchio dei nostri sentimenti a suggerirci le tinte migliori Ecco che un fiore appassito può ancora servire per essere dipinto sulla tela dell’Anima, può ancora intenerire Te … che Sei la Luce nel giardino Fiorito del mio cuore …
Scrivo anche di questo quando mi ‘faccio’ un ‘marsalino con il mio Amico Gigione al bar del paese di montagna, Lui mi ispira anche di questo …