01 MARZO 2020. S. Albino, S. Silvio.
il vento di Marzo è pazzerello… era ‘pazzerello’, ora è pazzo come ‘Noi’ e son trenta giorni che passano con improvvise piogge e bufere violente, ma rimane pur sempre… “i giardini di marzo si vestono di nuovi colori, e le giovani donne si vestono di nuovi amori”. Lucio lo sapeva e lo sappiamo anche Noi che il ventun Marzo inizia la Primavera.
Vento, vento che vieni da ponente e mi sbatti in faccia l’umidità della notte che ancora mi tormenta di pensieri e parole, vento portati via promesse mai mantenute e l’ipocrisia della gente, portale nei deserti là, dove solo serpenti e scorpioni se ne possano servire.
Vento, vento di maestrale, accarezzami la pelle senza farmi male e chiudendo l’occhi sentirò il profumo del mare invece che il sapore del sale, vento, fa come fossi su una barca da te cullato, lasciando a riva falsi sorrisi per approdare in un posto agognato.
Vento, vento che vieni da chissà dove penetrandomi sin dentro, fammi quel poco rabbrividire e portami con te in un altro mondo, un mondo dove i sogni son realtà e nella valigia del mio viaggio ci sia tutto il necessario ma privato di avidità e potere.
Vento, soffiami addosso sinuoso e leggero come quando accompagni una foglia che cade da un albero e delicatamente la adagi in terra, e se altro per me non puoi fare, fai di me ciò che vuoi ma lasciami l’amore, senza di lui non so stare.
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02 MARZO 2018. Santa Agnese, Santa Delinda, Santa Gennaro, S. Ulrico.
Quell’allegrone del tempo… sembra ma non è bizzarro, fa ciò che deve quando deve, e se il suo comportamento pare scombinato quando scarica bombe d’acqua al suolo, altro non si ha più di quanto non si meriti di aver voluto avere.
Il tempo non è pazzo se comanda alle viscere della terra con la pancia piena di magma di riversarla eruttandola sulle pendici delle montagne, sennò il mondo intero scoppierebbe e se la lava incontra ostacoli costruiti sul suo cammino che un tempo non cerano, non li può evitare. Il tempo è innocente quando butta giù neve a palate gigantesche sui monti ed è normale che al disgelo si formino valanghe, anormale è chi sfida la sorte addentrandosi per sport nonostante la forte possibilità di risultare degli incoscienti e per questo perirne.
Il tempo ti consiglia fondamenta solide per la propria casa, quanto possano bastare nel proseguo di anche più di un esistenza… il sacco enorme che contiene la vita con il tempo è ancora pieno… farina per fare il pane che il gran Mugnaio ha confezionato per il mondo, da quel sacco proviene la vita stessa e ne attinge a piene mani anche il clochard che meschino ha molti buchi nei guanti di lana e non trattiene che poche briciole, ma anch’egli si sfama di anni mesi e d’ore.
Golosamente molte mani si immergeranno in altre infinite storie di vita rimestando e annaspando nella farina, anche Babbo Natale svuota il sacco che porta sulle spalle ma lo riempie ogni anno attingendo a piene mani perciò ne ha d’avanzo e regala la neve… sotto la neve c’è pane, lo sanno anche gli uccellini che si scambiano cinguettii nascosti tra il fogliame dei sempreverdi.
Il tempo non è mai più bizzarro di quanto lo siamo noi, si adegua, è accomodante il tempo, ma quando si arrabbia fa ricordare di essere il padrone.
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03 MARZO 2020. S. Marino, S. Asterio Santa Camelia Santa Cunegonda S. Innocenzo S. Tiziano.
Si è ripreso con vigore a pregare. Altro probabilmente non c’era da fare, pregare il fato, pregare che il destino sia clemente, pregare Dio.
Altro non c’era da fare quando arrivavano le notizie sul numero dei morti per Corona V come fossero raffiche di mitra e, peggio che ucciderti, ti ferivano non mortalmente, ma in modo che la tua pena potesse proseguire… chissà cosa si chiede un carcerato all’ergastolo, chissà quante volte s’è posto la domanda del se meglio morire ammazzato per una condanna a morte piuttosto che essere recluso a vita…
Allora non rimane che pregare, ognuno il suo ego, ognuno il suo Credo che non è un voler rifuggire dalla realtà per immergersi in una fiaba, è seguire semplicemente il percorso di una vita con l’aiuto di speranza e un pizzico di fantasia che generano sogni senza alcuna costrizione. È la consapevolezza che le fiabe son sogni che si leggono sempre come un messaggi portatori di sollievo e pace, e senza di loro una persona muore prima di morire.
Trovare la forza e il coraggio di rimettersi ad una entità celeste per il significato stesso della sua definizione che è semplicemente amore… accettarlo, riporlo verso tutto e tutti per poi riceverlo nuovamente centuplicato in un ciclo perpetuo… entità celeste che non si vede come un virus, ma che si sente nel cuore.
È difficile pregare e sognare sommersi da un mare di guai, è quasi impossibile, l’unica cosa che può renderlo possibile è il contatto con il Cielo, là c’è Amore, là c’è Dio.
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04 MARZO 2015. S. Casimiro, S. Nestore, S. Lucio, S. Casimiro.
Da quella casa riparto, quel cascinale nella città che era fuori moda già ai tempi della mia fanciullezza. Uno dei primi ricordi baluardi di quel capitolo che si era abbarbicato in quella mia giovane fase di vita, una casa che non voleva cedere all’incalzare del tempo che inesorabile rubava spazio ed essenza come un vecchio mausoleo che sta lì a ricordare come si viveva nei primi del novecento.
E noi, io e la mia famiglia, con un piede dentro e uno fuori dalla realtà di quella casa, perché ci piaceva vivere in due condizioni, la prima soddisfaceva i miei genitori , e la seconda era rincorsa da noi figli con quella smania che ti fa desiderare tutto e subito su strade che portavano a una reggia… dettame di un età “agitata”, smania e desiderio di tutto, che poi spesso per chi ne abusa la vita non dà niente… per grazia degli altri cinque fratelli solo io esagerai nell’esuberanza del vivere.
Non so se fosse che non mi piacesse vivere in quella casa o non fossi contento di quello che mi accadeva vivere fuori di lei. Le persone più sagge dicono che non si vive di rimpianti, ed io sono d’accordo con loro ma non del tutto, ancora sto analizzando ed elaborando questo importante messaggio, per potergli attribuire una degna risposta.
In fondo sono rimasto ciò che ero, un inguaribile inseguitore di sogni, alcuni ne ho realizzati, ma molti no.
I sogni sono tanti, e i più non son sogni ma spesso scomode realtà, come trovare l’amore con la A maiuscola, che ringrazio il cielo di avermene fatto dono dopo alcuni miraggi svaniti nel nulla.
Segue, appiccicato come un francobollo il desiderio di una bella famiglia, dei figli di cui si possa essere orgogliosi, il lavoro, non inteso come mero stipendio ma qualcosa che piace fare e non faccia sentire dentro di avere sprecato del tempo inutilmente che ne abbiamo ‘uno’ di tempo, non ‘due’… ‘uno’, e va vissuto a mille, sennò non ha senso nulla, vivere per morire è un concetto, vivere e poi, solo poi morire, è tutto un altra faccenda.
Un “ni” al non avere mai dei rimpianti, e spero ottimisticamente di farlo diventare un sì… di una cosa son certo, dell’amore che ho per i miei respiri, di quello che ho per tutta la gente, e per questo ringrazio di essermi fermato in tempo dopo aver corso troppo, facendomi capire che nella vita si può sempre ricominciare e non importa in quale casa pur che si arredi con fiducia e amore e diventerà una reggia.
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05 MARZO 2015. S. Lucio, S. Adriano
Viaggiare nel parallelo dell’animo che si vuole ricondurre alla fermata dell’appuntamento con la vita.
Oggi è adesso e non può essere ieri… è una giornata simile ma non uguale a quella precedente perché ogni giorno il cielo si tinge di nuovi colori e in fiducia attendiamo il bello che può anche iniziare in un plumbeo mattino bagnato dalla rugiada, che la verza ne giova quanto un fiore bagna le petali vesti per rinfrescarsi nel compiacersi del bell’aspetto e attirare gli insetti per far l’amore con loro.
L’Universo è come una catena di montaggio che congiunge il moto vitale che fa girare la ruota dei mondi in perpetuo movimento. Un ritmo incessante che scandisce giorni e ore cambiando di marcia al giungere della fine di ogni mese, ripartendo da zero alla scadenza di un anno invecchiato… un susseguirsi di combinazioni preannunciate a prescindere.
Una borsa, uno spazzolino da denti senza dentifricio, mutande, calzini e tanta voglia di andarsene, … dove non importa, che fuori dall’uscio si è già lontani. Andare via, andare lontano lasciando a casa pensieri stanchi e ricordi con la muffa, un frullato di speranza futura… che le strade sono tutte uguali e portano tutte a Roma o non portano da nessuna parte che per l’inferno e il Paradiso non esistono strade.
Chi suo malgrado invece finisce nelle viscere del nulla, è quel disperato che ha esagerato nel farlo in onore di falsi ideali, primo fra tutti il danaro che se fosse carne basterebbe a combattere mille battaglie di vita ma non è nemmeno un oggetto, sono pezzi di carta stampata che ricordano perennemente la stupidità dell’uomo che aspira al potere… strade sbagliate
Buona notte, buona sera, buon giorno che tutto è ‘stampato’… un po’ come va’? Va’ sulla storia che scrivi, va’ sulla storia che vivi, Va’ sulla storia di vita che scegli di fare. Capolinea.
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06 MARZO 2015. Santa Coletta, S. Ezio.
Il paradosso del nostro tempo nella storia è che abbiamo edifici sempre più alti, ma moralità più basse, autostrade sempre più larghe, ma orizzonti nell’intimo difficili da raggiungere.
Spendiamo di più ma abbiamo meno. Compriamo di più, ma godiamo meno. Abbiamo case grandi e famiglie più piccole, più comodità, ma meno tempo per godersela.
Abbiamo più istruzione, ma meno buon senso, più conoscenza, ma meno giudizio, più esperti e ancor più problemi, più medicine ma meno benessere, beviamo troppo, fumiamo troppo, spendiamo senza ritegno, ridiamo troppo poco, godiamo troppo veloci, ci arrabbiamo spesso, facciamo le ore piccole e ci alziamo stanchi, vediamo troppa tv e preghiamo di rado.
Abbiamo migliorato le nostre priorità ma ridotto i nostri valori. Parliamo troppo, amiamo poco e odiamo spesso. Abbiamo imparato come guadagnarci da vivere ma non come vivere. Abbiamo aggiunto anni alla vita, ma non vita agli anni. Siamo andati e tornati dalla luna, ma non riusciamo a trovare il tempo per attraversare la strada per incontrare un nuovo vicino di casa. Abbiamo conquistato lo spazio esterno, ma non lo spazio ‘interno’, abbiamo creato cose più grandi ma non migliori. Abbiamo sporcato l’aria e inquinato l’anima. Abbiamo dominato l’atomo, ma non i pregiudizi.
Scriviamo di più ma impariamo di meno, pianifichiamo di più ma realizziamo meno. Abbiamo imparato a sbrigare, ma non ad aspettare. Costruiamo computer più grandi per contenere più informazioni, per produrre più memoria di ciò che si scrive e comunichiamo sempre meno. Questi sono i tempi del fast food e della digestione veloce, grandi uomini e piccoli caratteri, ricchi profitti e povere relazioni. Questi sono i tempi di due redditi e più divorzi, case più belle ma famiglie distrutte. Questi sono i tempi dei viaggi veloci, e degli usa e getta, della moralità per produrre delle relazioni di una notte. La vita non si misura da quanti respiri si fanno, ma da quanti ti tolgono il respiro.
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07 MARZO 2016. S. s. Perpetua Felicita.
È il giorno prima, la sera prima, ma voglio ‘bruciare’ al traguardo della mezzanotte tutti gli uomini perché sono geloso di tutti… perché non vorrei mai che si sprecassero tesori e la Donna è il Tesoro più ambito di ogni Persona che voglia condividere parte dell’esistenza con il meglio del meglio si possa avere, quindi è un bellissimo sogno ad occhi aperti.
Se si desidera avere un figlio, si deve prima desiderare avere l’amore di una Donna ed è tanta la sua importanza che ci si chiede il perchè una madre non possa officiare una Messa, tanto meno capire perché non sia mai stata eletta Papa. Senza di Lei non ci sarebbe stato nessun Dio. in terra, nemmeno il Mio.
La Donna reagisce in misura molto più efficace decisa e amorevole quando si ha bisogno di cure ma i più accreditati chirurghi sono maschi, come si continua a non capire perché la Donna che è la Regina della casa e della cucina, assuma in modo molto minore il titolo di chef rispetto al maschio.
Qua c’è lo zampino dell’uomo che fa il ‘furbo’ e sornione non vuole il “secondo posto”, forse non ha ancora capito che non esiste nessun numero nella classifica umana e se mai esistesse a lui difficilmente spetterebbe il primo posto.
Ma oggi che sarà anche domani e i giorni a venire, auguro alle Donne che l’uomo si inchini alla vostra femminilità e umilmente vi sia vicino nel tentare di eguagliare un po’ del vostro essere Donne, del vostro essere Femminili, del vostro essere Madri, che chi non lo diventa, non è meno degna di essere chiamata Donna, siete talmente indispensabili che non dovete dimostrare per forza di sapere fare un figlio. Auguri Stupende Creature, possiate passare il più bello dei giorni. Viva le Donne!
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08 MARZO 2019. Festa delle Donne Santa Beata.
Aprendo l’uscio di casa, si sente profumo di torta margherita, e subito si immagina la farcitura di marmellata, qualcuno spera sia di cioccolata. La vita è fatta di profumi e odori. L’uno inebria e l’altro puzza ma entrambi sanno dirti un qualcosa che serve al corpo e allo spirito.
La città all’alba si muove, si riempie di frenesia e voglia di fare, anche per chi si sbatte per la ‘dose’ giornaliera o per chi va in ufficio a rubare del tempo alla vita, e per altri ancora che raccolgono pomodori da mane a sera per pochi euro. Intanto il mondo gira, e nel suo roteare mescola profumi e odori mettendo alla prova ognuno di noi. Un’armoniosa sfida in cui ci imbattiamo ad ogni risveglio.
Si muovono città con rumori e frastuoni, così come il mare che regala ventate di salmastra imponenza facendo sentire l’odore del pesce e la freschezza profumata del mare.
Il bosco si riempie di zampilli di luce che si fanno largo nell’ingordigia delle fronde, il muschio ai piedi degli alberi sembra faccia un gran respiro per poi emanare un effluvio di maschi odori arborei. Le pianure si vestono di verde speranza e tra le boscaglie di betulle una brezza leggera trasporta con sé essenze profumate inumidite dalla rugiada delicata di un mattino in stagione lieve.
Nel caos di queste emozioni ogni giorno il mondo si confronta e in mezzo di tutto ciò, si sentono profumi e odori che sono l’antipasto della vita, indelebili ‘sapori’ che riportano alla mente ricordi di momenti del proprio passato e fanno discernere il buono dal cattivo e il bene dal male in un miscuglio di sensi che vengono separati con calma e il senno di poi.
Varcando la soglia, avanzando quel poco, si sente il profumo di quelle castagne essiccate sul solaio ora bollite, un inganno olfattivo imprevisto dal pensiero…. non c’è torta margherita, né con marmellata né con cioccolata, ci sono solo castagne, mondine cotte con un pizzico di zucchero.
Un’altra possibilità di separare i profumi dagli odori perché troppo profumo stordisce, troppo odore avvilisce, sensazioni da provare cercando di stare al centro ricordando sempre che il destino non ha ne profumi ne odori.
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09 MARZO 2021 Santa Francesca S. Paciano, S. Domenico Savio.
10 MARZO S. Vittorie, S. Simplicio
Era la fine degli anni sessanta, l’epoca delle mie “elementari”, ci vestivano con un grembiule nero e un fiocco di colore blu, le bimbe grembiule bianco e fiocco rosa… più grandi del nostri faccini.
Ricordo di quelle aule spaziose gremite di almeno trenta alunni, e la nostra dove il maestro Manara insegnava… sembrava il duce buono in classe che portava delle Lacoste, mi piaceva la sua faccia buona.
Ricordo che annualmente venivamo visitati in classe di un otorino laringoiatra e da un oculista a me fu detto di essere miope e per essere coerente con la sfortuna, diedi lavoro anche all’otorino per l’udito… sessanta anni fa ci si lavava con un catino due volte la settimana, la doccia era un lusso per pochi.
Altro ricordo indelebile di quel periodo fu quando ci fecero fare un compito in classe che ci avrebbe collegato alla natura… ci coinvolsero nel dovere accudire a dei bellissimi bachi bianchi da seta in cassette di legno da verdura per tutta la durata della loro metamorfosi per poi essere una meravigliose farfalle.
La natura veniva coinvolta nella misura in cui si doveva procurare il loro cibo, fogliame dei Gelsi, l’albero dei Moroni.
Mi arrampicavo su quell’albero solitario in un grande campo, era come rifugiarsi in alto, e di sotto ci vedevo il resto del mondo perché il mio mondo lo stavo vivendo sopra quei tre metri di albero nodoso, un guscio, un rifugio dalle mie problematiche che odoravano ancora di profumi innocenti e intanto raccoglievo foglie chiedendo scusa ad ognuna di loro per averle dovute strappare.
Mi sentivo di quel bene dentro, che quando dovevo scendere dal ‘morone’ ricominciavano le mie paure di bambino.
Era la fine degli anni sessanta, era il momento della spensieratezza ma i problemi per piccoli fossero, facevano a botte per avermi in esclusiva per loro… o semplicemente i pasticci me li sono sempre creati per la mia smania di vita… di bruciare le tappe.
Ecco che io avevo tre metri in più di Cielo che poi con il passare del tempo divenne la soffitta di casa o come ora, un angolo sperduto di mondo dove di tanto in tanto ancora mi rifugio da cattiverie e angosce e perlopiù lo faccio nei boschi.
Tutti abbiamo un posto speciale nello spirito per fare due conti con il presente per dirgli cosa abbiamo combinato in passato, laggiù in un angolo di cuore ognuno di noi ha il proprio “Albero dei Moroni”.
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11 MARZO 2016. S. Costantino, S. Ramiro.
Quella volta, in quel posto nel paese da dove venivi ragazza, in quel meraviglioso albergo con stanze enormi e un camino all’interno di ognuna, con quel bagno grande e quelle piastrelle mancanti sul muro.
Una povertà dignitosa come i loro abitanti, lì a Brasov in Romania, sembrava che come il resto di tutto quel paese, il tempo si fosse fermato a quando vi regnava il principe di Valacchia Vlad Tepes III, ovvero vi regnasse il poi “Conte Dracula” per la fantasia futura dei suoi “inventori scrittori”.
Era tutto vellutato, strano, il paesaggio circostante si mischiava a quel sinistro ma affascinante albergo, e Lei, Sonia, sembrava una principessa da sposare, non tanto per la sua bellezza, ma ancor più per la sua giovanissima età che solo quella aveva di molto giovane, l’esperienza invece, forse per necessità che in quei luoghi diventa virtù, era di gran lunga superiore a quella di Roberto il suo compagno, o come dir si voglia il suo amante di turno che non era nato in quei paesi e di anni ne aveva più del doppio dei suoi. Con il tempo la sua storia con quell’uomo si rivelò una bugia, tutto era costruito su delle falsità… forse non del tutto volute ma di certo premeditate e Roberto se ne accorse quando volle accorgersene, come spesso si fa con alcune verità… e bene si tacciano quando si è anche solo un poco innamorati per paura di perdere tutto prima che il tempo inesorabile comunque disperda falsi amori.
Del resto era costruita su menzogne anche la storia del “Conte Dracula”, che non era conte ma principe, non era Dracula ma Vlad III, che non succhiava sangue a nessuno, ma faceva “impalare” la gente a lui ostile anche per futili motivi. Il paese dove vi era uno dei suoi castelli era Bran e non Brasov dove i due amanti si incontrarono, che non era il castello dove aveva vissuto ma uno dei castelli da lui posseduti e adibito a stalle reali per cavalli di purissimo sangue, gestito per suo conto da altri regnanti governatori.
Realtà e finzione. Tutto serve, amalgamato dal sapere e dalla conoscenza del bene e del male. Tutto occorre che sia, così come viene presentato nel disegno dell’esistenza, la composizione del mosaico di un vivere futuro. Un vero amore nasce sulle ceneri degli errori precedenti, dopodiché si ha la consapevolezza di ciò che è sbagliato, e Lei Sonia, era troppo giovane e ancora non lo sapeva.
Perciò una storia d’amore va vissuta sempre, nonostante tutte le sofferenze che può comportare, allora migliore sarà il successivo, perché chiusa una porta se ne aprono altre cento… e la vita continua ogni volta che si incrocia uno sguardo nuovo, o il colore di quegli occhi. Gli occhi di occhi Sonia.
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12 MARZO 2015 S. Luigi Orione, S. Innocenzo, S. Aureliano.
Non è tuo, quell’Amor non è tuo. È di un altro, o di nessuno, ma non è tuo. Ti sei dichiarato e non è stato accettato che il tuo cuore batta solo per lei, o non hai ancora avuto il coraggio di farlo, ed è ancor peggio, perché vivi nell’angoscia che qualcuno lo faccia prima di te, intanto quell’Amor non è tuo. Mangi, e non sai perché lo fai, dormi, quando ti riesce, ti svegli al mattino con il pensiero di Lei e vivi come se non se ne fosse mai andato… ti tormentava nel dormiveglia a ricordarti che senza di lei non vivi… e non è ‘tua’.
E intanto passano i giorni tutti uguali, senza sale, e quel peso tra stomaco e gola, non se ne va, ti opprime sempre più, tanto che a volte disperatamente chiedi aiuto al cielo, chiedi una pausa, un po’ come se non ti passasse un brutto mal di denti che non dà tregua.
E continui a trascinarti nel vivere che altro non ti importa, ti rifugi nel lavoro e fingi indifferenza mentre bruci dentro. Ogni tanto trovi il coraggio di scrollarti di dosso il tutto, e fanculo anche Lei, esci bardato da conquista, auto pulita, un po’ più soldi del solito in tasca e chi ti ferma più.
Ti fermano mille cose, una tipa che somiglia alla persona che ami, due che si baciano, l’amico che ti saluta per strada con sottobraccio la sua ragazza o una qualsiasi stupidaggine che interrompe la tua momentanea sicurezza o ti ferma una bella canzone che con il suo ricordo diventa di colpo la cosa più triste che ti potesse capitare di sentire in quei momenti, e il più delle volte finisce con una bella sbronza in compagnia di alcuni sfigati, come o più di te. Ma il giorno appresso non ti arrendi e vai avanti a sperare, e ti formuli mille idee di cosa puoi dire o fare per conquistare ciò che vorresti fosse del tuo cuore.
L’amore è bello se si manifesta in tutta la sua magnificenza, ed è bello anche se ti fa soffrire. Tornerei volentieri a quei tempi che trepidavo al sol vederla, al sol sentirla, non tornerei mai indietro a veder soffrire una donna per la mia stupida virilità maschile.
L’amore è bello anche quando ti fa soffrire, smette di essere bello solo quando fa crollare i sogni di chi pensa di non riuscire più ad averlo.
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13 MARZO 2014. Santa Patrizia, Santa Eufrasia, S. Fedele, Santa Letizia, S. Rodrigo, S. Salomone.
Mi manca il vento. L’ossigeno che sbatte sulla pelle e diventa battito di cuore. Mi manca. Da sempre. Ed è la sua mancanza che mi dà vita. Nasco in via Lunga a Villa di Serio, ma i miei ricordi insieme alla mia vita stessa iniziano a Seriate in un cascinale in via della Libertà n.7, che se ci fosse stato un nome azzeccato per scatenare lo zingaro che c’è in me, ecco che di più non ce n’era.
Da quel posto ho cominciato a vedere e conoscere il mondo, da lì mi sono sempre affascinato nel conoscere usi e costumi altrui, non fosse che per il piacere di imparare a rispettare il mio prossimo, e ancora vado a lezione. Lezioni che proseguono all’infinito. Io, rimandato ogni anno di vita, bocciature di anima per farle sbocciare adesso che è marzo.
E di tutto il mio girovagare ancora mi manca di sentire il ruggito di una tigre, che si immerge col suo manto nei colori della sua terra e si mischia ai suoi profumi speziati. Mi manca di essere ospite, coperto di pelli in una capanna lappone per scaldarmi al fuoco di una stufa, per poi rincorrere e governare le renne. Mi manca di essere su una rompighiaccio diretta al Polo Nord, e vedere la transumanza delle balene e il loro migrare. Mi manca di essere sulla cima del Monte Bianco, e spaziare lo sguardo per ore ed ore nel mare infinito dei monti, con le nuvole che giocano come onde spumeggianti. Mi manca di navigare tra i fiordi norvegesi, per poi fermarmi in un faro a guardare il mare davanti a me, per vedere quando sorride, quando è triste, quando è beato e calmo, ma soprattutto quando è arrabbiato, ed io lì, al sicuro dietro il vetro in alto, vederlo infrangersi contro di me, in basso.
Mi manca la terra culla dell’umanità, con i suoi colori, con le sue bestie meravigliose a partire dal re della savana, il Leone e il suo popolo fiero, mi manca il mal d’Africa. E poi mi manca tanto e di più, ed insieme a tutto mi manca il mio passato, sarà che nonostante tutto mi è piaciuto. Ma ciò che mi manca di più di ogni altra cosa da fare in tutti i posti del mondo, è di stringere la mano di un bimbo che muore di fame, e chiedergli scusa per tutto ciò che io ho avuto, e perdono per il suo meno di niente.
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14 MARZO 2019 Santa Matilde, S. Lazzaro.
Facessimo come i cani, avremmo poca memoria dei un torti subiti.
A Loro è stato dato l’istinto che supplisce immediato sulla ragione, e del torto fisico subito e all’idea che hanno dell’essere amati se ne scordano o si ricordano ma se ne vogliono di proposito scordare.
Quel grande amore che hanno dentro se tutti gli animali del mondo che attaccano solo in caso estremo di difesa, per sé o per la propria prole e se lo fanno lo fanno in silenzio perché una cattiveria è tale solo se annunciata.
C’è buio è c’è silenzio, da rompere i timpani di chi vorrebbe ascoltare e non ode, e allora facciamo parlare i cuori che quelli comunicano fra loro e sanno trasmettere speranza e Amore, fiduciosi che tutto finisca con il buon senso di tutti… ci voleva il silenzio per allontanare la gente e avvicinare i cuori perché “Un bel tacer non fu mai scritto”… nemmeno oggi che è un Marzo di un altro anno e fra poco sarà ancora primavera, e facessimo come gli elefanti non dimenticheremmo nessun torto subito e inizieremmo una battaglia senza fine… senza vinti e vincitori.
Facessimo come i cani ci scorderemmo dei torti subiti e penseremmo a come fare per migliorare e non per recriminare perchè per colpa di qualcuno non è giusto non si faccia più credito a nessuno.
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15 MARZO 2017 Santa Luisa, Santa Lucrezia, S. Tranquillo, S. Zaccaria.
Michael Jackson non c’è più in questo mondo perché ha fatto uso eccessivo di farmaci di cui abusava perchè il suo ego reclamava onnipotenza, e nel mondo dello spettacolo si è creato un nuovo ‘martire’ che farà parlare di sé ancora per moltissimo tempo. Bob Marley ha fumato tanti di quei “puretti” che c’è schiattato di cancro alla gola. Muoiono centinaia di persone ogni giorno per cancro da fumo, e se ne parla solo sui pacchetti di sigarette che tutti ignorano disgustati… del re del Reggae se ne parlerà ancora.
Marilyn Monroe bella e affascinante sexy bionda, da comune operaia diventò persona molto famosa. Chi la scoprì come donna di spettacolo la “usò”, così come tra gli altri fece il presidente degli Stati Uniti di quel tempo, poi stanca di essere “usata” inghiottì una dose massiccia di barbiturici e interruppe prematuramente la sua vita. Sono passati molti anni e ancora si possono comperare delle tazze con sopra la sua immagine sorridente e ancora si parla di Lei.
Garibaldi fu ferito, fu ferito ad una gamba e lo ha saputo mezzo mondo.
Si è fatto male sul cantiere anche Battista il muratore, ma si è parlato di Lui solo qualche volta per un breve periodo.
Charlie era un bellissimo ragazzo biondo, elegante, buona parlantina e due mani d’oro che con un paio di forbici faceva miracoli con le acconciature. Si innamorò di una prostituta tossica e per amore non usò mai preservativi per non farla sentire un ‘oggetto’ e si prese l’HIV, Lei poi morì. A cinquant’anni fu ricoverato in ospedale per accertamenti e dopo qualche giorno vi uscì senza più respirare. Nessuno parla più di Charlie.
Anche Gesualdo era amante della vita… ‘bello come il fuoco’ ma non gli bastava. Usciti da una discoteca una notte che era quasi l’alba, chiese di accostare l’auto al ciglio della strada, aprì il cofano del motore, svitò il tappo del radiatore, colse un po’ di quel liquido refrigerante direttamente con una siringa e se lo iniettò in vena. Passarono alcuni anni, Aldo non si faceva più. Un mattino stava andando a lavorare in bici, pressappoco al punto della strada in cui ci eravamo fermati quella notte, venne investito da un camion e trovò la morte. Nessuno ha più parlato di Gesualdo.
Gente che ‘conta’ e altra ‘meno’, due situazioni diverse per persone uguali… quand’erano in vita facevano la cacca tutti nello stesso modo e sono morti tutti senza respiro.
Una notte ero sbronzo e ho pisciato sul balcone. Per fortuna che ho pisciato io sul balcone…l’avesse fatto Justin Bieber si sentirebbe ancora la puzza di pipì in tutto il mondo.
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16 MARZO 2017. S. Eriberto, S. Abramio, S. Agapito, S. Eriberto, S. Tatiano, S. Natale.
L’amore è una sorpresa unica, ogni giorno, ogni momento ti prepara un copione da seguire. Tutti attori su questo immenso palcoscenico che è la vita. Ognuno con i suoi problemi, con le sue gioie e dolori, soddisfazioni e delusioni, una mescolanza di emozioni calde e fredde così che si cerca di capire almeno il ‘tepore’ delle persone di cui ci si circonda.
Escludendo problemi d’Amore che giusti o sbagliati siano il risultato finale è scontato per ogni situazione, ci sono quelle che vedono protagonista l’amicizia tra le persone. Chi trova un amico trova un tesoro, ma è un tesoro che non si trova quasi mai, o ci si illude spesso di averlo trovato. Ci vuole troppa indulgenza, tolleranza, bontà, disinteresse, umiltà e amore per riempire un forziere colmo di amicizia.
Bisogna saper lasciar perdere su alcune situazioni ed essere fermi su altre per saldare un legame amichevole, non urtare la sensibilità e quindi rispettare la persona che ti sta di fronte. È come coniare una per una le mille monete d’oro del tesoro contenuto nel forziere dell’amicizia, avendo a disposizione per poterlo liquefare, un cucchiaio e pochi fiammiferi.
Tenere salda un’amicizia e mettersi sullo stesso piano anche quando si è consapevoli di essere superiori per qualche ragione materiale e ammettere a se stessi quanto al contrario si è ‘inferiori’, soprattutto nei sentimenti.
Sovente si confonde la vera amicizia per via del lungo tempo in cui ci si conosce, in realtà può bastare un giorno o non servire una vita intera. Essere buoni amici è un po’ come essere innamorati, prima del tuo bene vuoi il bene dell’altro, solo così si è contenti. Se non esistono queste prerogative, non esiste vera amicizia, si tratterà sempre e solo di una persona o più persone che si ‘conoscono’.
Trovare un tesoro è raro, perciò chi trova un amico trova un tesoro e lo si mette nelle emozioni più ‘forti e belle’ di un giorno qualunque perchè ogni giorno sei ricco.
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17 MARZO 2018. S. Patrizio.
Affacciato sul mio sguardo, sigaretta, tazzina da caffè con risciacquo di grappa tra le dita delle mani, osservo passare sul marciapiede una donna che cammina. Il suo passo sembra ‘preciso’ tanto d’esser monotono e anche un poco stanco.
Fa pensare ad una persona che zainetto in spalla rincasa dopo una giornata trascorsa alla cassa di un supermercato o chissà quale altro turno di lavoro… o forse non ha lavorato per niente.
Ecco che allora, un po’ per gioco, un po’ evadere la mente da pensieri noiosi, anche se realmente mi interessi poco cerco di capire il perché del passo di quella donna ma… mi perdo con lo sguardo nell’infinito di un pezzo di cielo che mi fa pensare di essere un moscerino in una piscina vuota, e la paura è che d’improvviso venga sommerso da una valanga di stelle che cada copiosa e la riempia di luce e acqua… intanto la donna continua a camminare con passo sicuro ma flemmatico nel suo incedere o semplicemente è immersa nei suoi pensieri e nemmeno si rende conto di un passo dopo l’altro che fa.
La donna con zainetto scompare dietro una curva, smetto di pensare a cosa frullasse nella testa di quella donna che passeggiava… ritorno in quel pezzo d’azzurro e mi pongo un altro dubbio, così, tanto per sapere che esisto o se sono un moscerino che sta affogando.
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18 MARZO 2015 S. Salvatore, S. Christian.
Ciao signor Modesto, ti ricordi di quelle belle sere di primavera, che dopo aver cenato al tuo hotel Fernanda, io, Te, Francesco Giusy e Susy, ci accomodavamo in veranda, e tu iniziavi i tuoi racconti sulla guerra del quarantacinque? Ci raccontavi delle vostre battaglie all’invasore nemico in quella cascina a metà monte, dove dividevi con altri partigiani una strenue resistenza…e dopo lunghi mesi, ad un certo punto sentisti volare su di te gli aerei americani e capisti che la guerra era finita.
Come quando ci raccontavi dei tuoi grandi sacrifici in quel di Francia, a fare il duro mestiere del boscaiolo, ed eri bravo con quel camion a macinare chilometri su chilometri a far da capo cantiere, per poter accumulare quel denaro che serviva a Te e alla tua Sposa per realizzare il grande sogno di far sorgere quel ristorante agli Spiazzi di Gromo, lassù a milletrecento metri dove poi noi si mangiava in tua allegra compagnia.
Adesso riposa che è giunto il tempo, ricongiungiti alla tua amata Angela che da un po’ ti sta aspettando, ma non dimenticarti di noi, e benigno assistici con il tuo… An sè chê! Mè ta dighe a tè, tè tà ma dighet a mè… siam qui, tu parli con me, io parlo con te… intanto che sollevavi le mani al cielo, in segno di sommaria sopportazione e ringraziamento.
Grazie di averci allietato con la tua presenza, arrivederci signor Modesto, ci ritroveremo in quel posto dove ci sono solo Partigiani che la sera pacifici tornano dalle loro spose, senza guerre maligne da combattere nel nome di ‘ideali’ fasulli.
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19 MARZO 2018. festa del papà S. Giuseppe, S. Quinto, S. Quintiliano, Santa Sibilla.
C’eri Tu. Avevo due anni e mi fasciavi le braccia malate d’eczema con bende e cartone. Qualche anno dopo ricordo che giù al fiume, pantaloni arrotolati sulle caviglie mi controllavi intanto che pagaiavo in quella canoa che con tanta fatica mi gonfiavi d’aria, così come al lago ti mettevi sul molo divertendoti nel vedermi pescare e di tanto in tanto mi cambiavi l’esca dopo aver slamato un alborella.
Mi portasti ad Alberobello dove per casa avevo un Trullo. Vedevo uomini che sul selciato del porto battevano a terra i polipi appena pescati e donne che portavano sul capo ceste di frutti e peperoncini appena colti.
Era sempre di primavera quando mi portavi in quel cascinale sulle colline a mangiare pane e salame e da bere un aranciata in bottiglietta, mentre Tu papà ti gustavi pane e sarde salate con aglio e prezzemolo e un bicchier di vino rosso.
Mille le volte che mi accompagnasti da nonno Annibale e nonna Maria. Ogni volta il nonno mi dava qualche monetina da cinque o dieci lire mentre la nonna mi allungava una grossa moneta, da cento lire di ferro, bisbigliandomi di “far buon viso a cattivo gioco” che il nonno non conosceva più il valore del denaro. Un bacio sfiorato sulla guancia ai nonni, poi si andava al bar dove spendevo la mancia in castagnaccio e spuma nera, mentre Tu iniziavi interminabili partite al biliardo.
Non avevo quattordici anni e Tu papà Giuseppe mi comprasti la mia prima adorata motocicletta. Non avevo diciotto primavere negli occhi che un auto mi attendeva con il fiocco annodato sul cofano, e mi aiutasti anche a ventun anni quando me ne andai sbagliando la sposa. Anni dopo non avevo ancora stabilito un rapporto sincero con te, impegnato a cercare di essere il migliore per compiacerti, ingannevoli stratagemmi di furbizia da strada, la stessa che capii poi che puzzava di catrame e di piscio di cavallo.
Hai sposato la mamma per cui ancor oggi grazie a Lei non conosco confini d’amore nel cuore, ma nel nome di un’ingiusta guerra che hai combattuto non sei più tornato ad essere l’umile contadino di quando ti conobbe.
Per questo, mentre bevo un bicchier di vino, brindo a che ti arrivi lassù il mio più sincero ti voglio bene Papà. Non ho saputo dirtelo prima che ti voglio bene, c’eri Tu, ci sei ancora, ci sarai per sempre Papà.
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20 MARZO 2017 S. Alessandra, Santa Claudia.
All’inizio della valle.
Dopo una giornata di lavoro arrivai nell’autorimessa di casa, spensi il motore e restai qualche minuto nell’auto con la testa rilasciata sul poggiatesta, e rilassandomi pensai… il denaro è una cosa brutta, il denaro è lo sterco del diavolo e insieme al telefono portatile, sono cosa da dimenticare nei momenti di quiete. Allora riposi portafogli e telefono nel vano portaoggetti dell’auto, oggetti fra altri oggetti, cose futili e spesso inutili e scesi chiudendo dietro me lo sportello.
Salii le scale, entrai in casa e andai sul terrazzo “armato” di ‘toscano’ da fumare e cognac da bere… guardai e vidi avanti me un milione di tegole sui tetti, che di simile colore paiono il vestito sporco di Arlecchino, ma anche quasi di tonalità uguali ai colori di un bosco in autunno dove il pensiero fugge dal mondo che soffoca con morbidi scialli di seta, e dal balcone a valle il pensiero salì fin su alle montagne dove ho sempre voglia di tornare fra odori di bosco e di un passato necessario al futuro, odori di ‘dura’ onestà e verità rimasta.
Valicai la valle respirando il profumo del fiume che lo costeggia e mi riempii lo sguardo di nuova meraviglia futura perché la mente viaggia veloce quanto e più della Luce, e in un battibaleno ero già arrivato nel mio desiderio d’essere… tra le montagne… ma ritornai sul terrazzo a valle e dopo un altro sorso di cognac dai tetti di quella città a valle salutai con un sorriso, dai monti con salutai con Amore.
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21 MARZO 2021 S. Serapione, S. Nicola.
È un neonato di stagione, che l’abbia portato una colomba o un sogno, è l’ora d’ulivo tra le mani. È giunto il tempo si faccia Primavera e si sparga sui volti di giovani donne che mostrano impazienti i loro germogli sui loro petti per mostrarli orgogliosamente agli uomini, che come api laboriose volano attorno di già sui bulbi schiusi di fresco.
L’aria è frizzantina e il sole tiepido riempie l’occhi intanto che bacia la terra tronfio di vittoria dopo che da tempo ha trascorso in attesa dietro il sipario dell’inverno, il suo momento di gloria…
Adesso il sole non bacia solamente i ‘belli’ ma è anche il protagonista di giovani amori e si cura degli amanti che vogliono far sbocciare nuove storie d’amore e vita, lo dice il melo la capra e l’uomo, lo dicono l’aria la terra il cielo e il mare… in molti ma mai troppi, pochi, come chi ha testimoniato lo sventolio delle palme all’ingresso del viale dove l’asinello si faceva largo tra la folla portando in groppa Gesù che andava incontro il suo destino di verità in quel di Gerusalemme… un detto popolare recita “pochi ma buoni” e la primavera risorge ancora.
E’ un altra volta il momento di una Pasqua che smuove sensazioni nuove e apre il cuore a scelte di vita rinnovate nei loro colori di bandiera, perché da sempre Cesare si cambia d’abito e t’ascolta intanto che gli allacci i calzari ai piedi ma, indossata l’armatura d’acciaio nasconde il colore della veste rossa che indossa, e ogni volta lasciava misere briciole di pane raffermo al suo popolo per sfamarsi. È un altra volta in cui si deve dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio. ciò che è di Dio. e con l’augurio sincero mascherato di un bel fiore giallo nato in un giardino incolto, si dia all’uomo ciò che è dell’uomo perché i fiori verranno anche un altr’anno senza comando alcuno da nessuno su di questa terra.
Sarà ancora primavera, sarà nuovamente una Pasqua di speranza anche per chi crede siano solamente uova di cioccolata, perché di questo tempo gli uccellini fan bordello cinguettando, e i gatti innamorati miagolando tra loro si mandano messaggi di supplichevole arrendevolezza e le galline covano uova con dentro pulcini pulsanti di vita.
Sarà ancora primavera e i mari non smetteranno di baciare le spiagge così come i monti si rivestiranno di verde e i campi sorrideranno stringendo tra i denti mille fiori di mille colori, e, il pesco in fiore tempestato di gemme preziose come la procreazione, getterà il rosa nello sguardo di chi li rimirerà, per questo sarà quel che è oggi… Benvenuta Primavera.
Non una faccia d’uomo è uguale ad un’altra, non un palco di renna è identico ad un altro e tra milioni e milioni di foglie ognuna è diversa da un’altra. Un fulmine non cade mai nello stesso punto anche se Zeus, perennemente arrabbiato, ne scaglia in grande quantità ogni giorno su questo mondo. Non esiste un monte che somigli ad un altro, così come nessun fiume in terra, scorrendo percorre lo stesso tratto. I mari si somigliano molto ma sono salati in modo differente come diverso è il loro colore e non si è mai vista una nuvola della stessa forma di un’altra né un cielo con parimenti tonalità di azzurro.
Il clima cambia da mane a sera a seconda dei ritmi stagionali di ogni nazione, adesso è sicuro sia aumentata dappertutto la temperatura sul nostro mondo, e Greta, una ragazza che proviene da uno dei paesi svedesi con più alto tasso di suicidi del pianeta per l’insofferenza al saper vivere, alza la voce e grida a squarciagola il suo messaggio dall’allarme al surriscaldamento globale. I suoi comizi sono seguiti da milioni di persone che invadono le strade lorde di sporcizia e di maleducazione, Greta li percorre a piedi con in mano cartelli che inneggiano la salvaguardia di ciò che rimane di questo nostro smodato vivere modaiolo e mondano.
Greta ha parlato, ma si scaricano ancora frigoriferi esausti e televisori obsoleti nei boschi, le spiagge sono cosparse di bottiglie di plastica e le pianure sono lorde di immondizia, di siringhe e preservativi sporchi di sangue e sperma, le acque dei fiumi e dei ruscelli assumono colori violacei e molti pesci galleggiano in superfice a pancia in su. Non hanno sentito né tantomeno ascoltato Greta… sono gli imbecilli che tolgono il respiro della vita degli altri oltre il toglierlo a se stessi. Forse per il semplice motivo che Greta è in ritardo per essere ascoltata. Forse perché non doveva essere una ragazzina autistica di sedici anni che si doveva mettere in cattedra per ammonirci severamente sulla incombente catastrofe ambientale. Tutto dipende dall’insegnamento di mamma e papà.
Non un solo viso, albero o elemento in natura è stato creato uguale ad un altro, solo la stupidità umana è rimasta tale e quale, e mille Greta affamate di giustizia ce lo possono solo ricordare, del resto anche Lei fa ogni passo l’uno diverso dall’altro.
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23 MARZO. 2018 S. Rebecca.
Salgo sulle nuvole del tempo e navigo verso nuovi orizzonti da raggiungere… altri traguardi da consolidare e difendere con spade sempre più affilate di giustizia ed amore, altre storie da raccontare a piccoli e grandi di casa.
Cavalco il destriero del destino anche se spesso dubito potrei fare niente per cambiare le cose. Il mantello bianco di una soffice coltre mi porterebbe dove il vento la sospinge, così che anche le nuvole obbediscano al destino o al fato che dir si voglia. Per questo mi sono fatto persuaso che tutto sia scritto e scolpito nella roccia del firmamento e, come disse Andrea Camilleri… “quando nasci ti danno un biglietto indecifrabile, dentro il quale c’è scritto tutto il tuo avvenire. Le malattie, il successo, l’insuccesso, gli incontri importanti, c’è scritto tutto lì. Anche il giorno e l’ora della tua morte”.
Che tutto ciò si veda in sogno o per un soffio di tempo dal finestrino di un aereo, il dipinto che ho negli occhi non cambia d’un sol colpo di pennello. Se è impossibile credere in un sogno è possibile credere che un uccello d’acciaio voli tra i cieli. Allora mi chiedo il perché trovare risposte per degli oggetti e non cercare di avere certezze per un fiore che nasce coltivato in un giardino.
Salgo sulla carrozza dei miei pensieri e penso che, se fossi arrivato pochi secondi dopo, non avrei potuto salirci, perché qualcun altro avrebbe viaggiato al posto mio trainato da una pariglia di cavalli, che di certo spronati al galoppo non avrebbero udito le mie urla disperate che supplicavano il desiderio di tornare indietro. Non si faccia mai tardi ad un appuntamento con il destino, sarebbe come non avere olio nelle lampade per quando arriva il padrone di casa.
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24 MARZO 2015. S. Romolo, Santa Attilia.
Il mio Paradiso.
Vorrei la mia vita si fermasse nel momento in cui butto lo guardo in una sera di fine inverno. Vedere il sole tramontare dietro le colline, intanto che gioca con i riflessi del cielo fino a farli colorare di rosso che sul crine si attenua e sbiadisce mischiato al chiarore di luce che se ne va, lasciando posto all’imbrunire, che saluterà l’amica notte, che porterà con sé la sorella luna.
È in tali istanti che una sensazione di atmosfera primaverile mi pervade, il dolce soave ricordo della mamma, che di lì a poco in quelle sere, mi cucinava le lumache arrostendole fino a farle annerire, e me le accompagnava con le cicorie condite appena colte. Sono brevissimi instanti, in cui sento un soffio nell’anima, una bellissima sensazione di innocente fanciullezza, che si fonde in un sol corpo con una beatitudine romantica, dove al di là vedo mia madre che cucina paziente, e al di qua dell’immagine, io e mio padre che sorseggiamo del vino impazienti nell’attesa.
E vorrei proseguire oltre con questo dolce fiabesco ricordo per vedere i miei in cucina, ma è troppo tardi, sono pochi secondi di sogno ad occhi aperti, sono pochi istanti di uno star bene senza pari, tutto è già svanito nel nulla. È un bel pensiero, una fantastica visione surreale che ogni tanto mi viene a trovare, ma nella realtà, è esattamente così che vedo spesso… il mio Paradiso.
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25 MARZO 2017 Santa Annunziata, Santa Ave.
Ciò che si legge per molte volte non si è capaci di ripeterlo parola per parola una sola volta anche dopo anni della stessa lettura.
È come che l’asino per sua volontà girasse in tondo a far rotare la macina del grano da mane a sera per tutta la vita… non accadrà mai.
Si fanno polente di farina gialla tutti i giorni dell’anno in terra bergamasca, ma ogni giorno vien diversa di gusto e compattezza per ognuno che la cuoce… così che come in terra sicula, una triglia cucinata nello stesso identico modo per due volte dallo stesso cuoco sarà un triglia cotta ‘diversamente’.
Ciò che si legge ogni giorno per giorni e giorni a venire, il giorno dopo non si è in grado di ripeterlo per intero senza sbagliare… il Prete sfoglia pagine di Sapere nell’officiare la S. Messa… anche se la dice ogni giorno da anni.
Forse non è la ‘quantità’ che conta, ma la ‘qualità’ di ciò che rimane nel cuore.
Nessun essere umano è predisposto a fare sempre le stesse cose… cercherà sempre di migliorare… come l’asino che invano continuerà a rifiutarsi di un lavoro così noioso e umiliante.
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26 MARZO 2014. S. Emanuele
27 MARZO 2015, S. Reperto S. Arcibaldo, Santa Augusta.
Si coglie come viene l’attimo, sono momenti che ispirano a quel che si mischia con i sogni con una realtà che non si riesce ad amare del tutto, e ci ritroviamo a pensare con l’ultima sigaretta in bocca, accanto alla finestra aperta. Piove e stiamo lì in un angolo a osservare le gocce d’acqua scendere mentre i pensieri fuggono altrove.
Gli occhi si riempiono di tanto spazio in una stanza, tenui bagliori di fiamma del camino si fanno largo fiocamente tra i lampi irriverenti del televisore acceso che trasmette un film di una guerra combattuta tra i tedeschi e il fiero indomito popolo russo di Stalingrado impegnato in una strenua difesa comandata dal cuore prima che con armi e da qualunque comandante in capo. Nel bel mezzo di tutta la storia, due situazioni d’amore sbocciano nella disperazione del momento tra soldati germanici e donne russe.
L’amore, quella forza sconvolgente che entra in tutti i cuori di tutte le bandiere, l’amore che, anche in mezzo alla guerra, rimane l’unico vento che trasforma tutto in ossigeno. Forse sarà per questo che immagino di essere in quella situazione di guerra.
Sarebbe bello riprendersi quei valori che spesso nemmeno si sa di avere mai posseduto se non nella più fervida immaginazione che li ha proposti come perduti. Sarebbe bello tornare ad aiutarsi l’un l’altro, senza per questo chiedere nulla in cambio, pensare esclusivamente di vivere di quel che ci serve per pura necessità. Tornare a gustare una tazza di latte appena munto addolcito con del miele, o far festa con pane e formaggio e brindare con un bicchiere di vino.
Ci vuole un film di guerra alla tv, per far sì che il fantasioso volare dei nostri pensieri li renda puliti, come partecipare sinceramente al dolore di un amico che ha perso un amore e portargli buoni consigli e conforto, o con il Rosario in mano pregare che il vicino di casa guarisca dalla sua malattia.
Si Immagina spesso di ritrovarsi da qualche altra parte del mondo, in qualche altro posto, con un sorriso che diventa finalmente sereno.
Dentro il mio spirito sto al riparo dalla pioggia e tengo sempre la luce accesa. Tutto il resto del buio me lo procura il mondo. Ma il mondo non è mai per sempre.
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28 MARZO 2014. S. Prisco, S. Doroteo.
Chenove, direzione Francia, il mio primo viaggio verso un paesino nei pressi di Dijon Ville a trecento sedici chilometri da Parigi. Era il tempo fra il millenovecento settantadue e il settanta tre. A meno di quindici anni non fu semplice convincere i miei genitori al che mi avventurassi in un luogo tanto lontano ma riuscii a persuaderli. Partimmo dal nostro paese, io, Ugo e Vittorio “ol frances”, così lo chiamavamo per via delle sue origini, infatti ci recavamo per una minivacanza ospiti graditi di alcuni suoi parenti nel grazioso borgo di Chenôve.
Arrivammo. Fu bello sentir parlare un altra lingua, il ‘francese’ che ascoltai cinquant’anni fa era come se ascoltassi ora l’Aramaico e fu intrigante e curioso ancor più il cercare di conoscerla quella lingua aggraziata da damerino.
Fummo invitati ad una festicciola popolana vicino a Chenôve, insolito e antiquato per noi vedere dei “baracconi” con fucili ad aria con turaccioli per proiettili che dovevano colpire dei fantoccini di carta a pochi passi. Palle cucite, ripiene di segatura, che venivano lanciate con poderosi colpi di braccia verso lattine vuote… si poteva addirittura provare la forza a braccio di ferro contro un ‘omone’ in carne ed ossa.
Altri pomeriggi li trascorremmo in quello sperduto piccolo paese francese, nuotavamo in pozze naturali a ridosso dei canali dove fu proprio lì che conobbi Marie Chantal, una graziosissima ragazzina di cui mi invaghii al primo sorriso, la prima cotta, il primo bacio.
Fui amareggiato alla ripartenza per l’Italia, che ahimè avvenne di lì a pochi giorni. Viaggiammo in treno, dormendo nei corridoi perché non avevamo prenotato il biglietto di ritorno, segno di quella “sana” incoscienza della nostra età. Non ho più rivisto Vittorio “il francese”, purtroppo seppi di lui che, dopo un lungo passato di droga, tornò in Francia per cercare di disintossicarsi, ma il triste risultato fu di diventare un alcolizzato cronico.
Ugo fece il geometra presso il comune dove risiedeva, e adesso in pensione, gira il mondo organizzando per se viaggi sponsorizzati, ognuno della durata di alcuni mesi, a volte in bicicletta, a volte a dorso di un cavallo e gran parte a piedi.
Questo fu il mio primo meraviglioso viaggio da adolescente, il primo di una lunga straordinaria serie di viaggi nel mondo, ora che viaggio meno sto nel mio mondo, quello dove ogni volta è la prima volta.
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29 MARZO 2016 S. Secondo
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30 MARZO 2014 S. Leonardo, S. Decimo, S. Regolo, S. Decio, S. Decio, S. Beniamino
Dio. è Amore. L’amore non ha confini, non ha età e non è mai tabù.
L’espressione dell’amore è forse uno degli argomenti più variegati tra i sentimenti associati.
Certo è quanto mai complesso, e ognuno in base alle sue esperienze ha qualcosa da dire. ‘Ragioni’ che singolarmente paiono tutte unicamente intricate ma sono banalmente e inesorabilmente uguali tra loro.
Il comune denominatore è che, nonostante tutto, ogni esperienza sia da vivere. L’esperienza dell’amore è naturalmente “vita”, la vita di Tutti. Ci sono molti modi di amare, tutti quanti amiamo, chi in un modo chi nell’altro. Si può amare l’altrui sesso, o una persona dello stesso sesso, che differenza c’è? si tratta sempre di indiscusso Amore. È forse diverso il modo di amare qualcuno? L’amore è amore quando viene trasmesso con rispetto, con gioia, con… amore sarà il modo successivo di porsi che determinerà o meno il ‘peccato’, che prima che verso Dio. si fa verso se stessi.
Ecco perché l’amore non è mai tabù, chiunque può e ha il diritto di amare, anche un prete, un vescovo, un cardinale, una suora, l’amore non è mai peccato. Cosa potrebbero fare quei canonici di quel sentimento che è proprio di Dio., e perché lo dovrebbero fare, nessuno gli può impedire di Amare.
Del resto è semplice, perché Dio. permetterebbe che una manifestazione d’amore scaturisca nel cuore di quelle persone Consacrate se fosse peccato? L’amore non è mai peccato, non può in alcun modo esserlo, Dio. stesso è amore, figuriamoci se la sua stessa essenza è peccato.
Il peccato semmai è conseguenza delle azioni che seguono l’innamoramento, e si determineranno a seconda delle situazioni.
E di nuovo l’amore incalza sovrano. Innamorarsi di per sé non è ancora un’azione compiuta, è chiaro che nessuno può evitare di innamorarsi e perciò non c’è premeditazione quindi nessuno sta peccando nel momento stesso che questa cosa accade a discapito della propria volontà. L’Amore non è mai uno sbaglio, non è mai peccato, il vero Amore non è comandato da nessuna decisione, il vero Amore si deve vivere sempre, con il corpo e con il cuore e se ancora non è possibile si vive con l’Anima.
Non è miliardi di miliardi il numero più grande che ci sia, un numero grande è anche solo due anime che innamorate si incontrano ed insieme fanno sentire la loro voce al di là dello spazio oltre i confini male.
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31 MARZO 2014. S. Beniamino.
Chi sono io per poter giudicare!
Ricorderò sempre quel ragazzo, eravamo in un cantiere di Torino per lavoro, e nella pausa pranzo, seduti su di una latta vuota capovolta, si mangiava un panino e si beveva una bibita gassata.
Spesso mi parlava di quella ragazza. Giorno dopo giorno mi parlava di quella ragazza, ne era innamorato perso, si capiva chiaramente.
Dopo qualche giorno che lo ascoltavo, chiesi da quanto durasse la loro storia, Luca mi rispose che non era mai iniziata, al che giustamente stupito, gli dico ma stai scherzando? Sono giorni che mi parli di Lei e tu nemmeno ci stai insieme! Luca mi rispose, “io vorrei ma lei non è convinta, non ancora”.
Quindi?, dico io, e lui di nuovo, “la amo talmente tanto che se le facessi pressione la condizionerei e non è così che funziona, amare una persona vuol dire prima di tutto rispettarla, quando, e se sarà, me lo farà sapere”.
E se non prendesse mai la decisione a tuo favore? “Non importa continuerò ad amarla senza pretendere nulla, stando nell’ombra, come ora del resto, amandola e rispettandola”. Luca all’epoca aveva 18 anni.
È nostro piacere comportaci da persone come Luca, aspettare pazientemente di essere contraccambiati o avere la forza di desistere, là dove si sta peccando nell’insistere se non si è contraccambiati.
Le parole vanno oltre ogni credenza, costume o religione, ma ciò nonostante, l’esempio è prettamente religioso. Il demone di un nostro modo di vivere o il male tenta gli uomini per azioni che loro stessi dovranno compiere, e tenta di indurli così in peccato o sbaglio che dir si voglia attraverso subdole illusioni e inganni terreni per poter loro carpire riserve d’amore.
È nostro piacere comportaci da persone come Luca e aspettare pazientemente di essere contraccambiati in una vicenda d’amore o avere la forza di desistere là dove si sta sbagliando nell’insistere se non si è corrisposti?
Chi sono io per poter giudicare! nessuno… e allora viva l’amore e che sempre trionfi senza che nessuno giudizio lo possa ostacolare.